Questo pomeriggio sul palco del Festival dello Sport di Trento, ospite della Gazzetta dello Sport, Federico Bernardeschi ha mostrato una versione di sé pienamente consapevole. Si muove come un uomo di spettacolo, disinvolto e senza filtri davanti a pubblico e microfoni.
Il ritorno in Serie A, per ora senza gol («mi manca tantissimo», confessa), non è solo una scelta tecnica, ma un messaggio chiaro: non è finita. «Molti pensavano che fossi andato in Canada per chiudere la carriera. Invece sono rientrato. Anche se, lo ammetto, mi manca la libertà che respiravo a Toronto», racconta con sicurezza, la stessa che da ragazzo lo portò a chiedere la maglia numero 10 alla Fiorentina. «Paulo Sousa mi disse: “Se hai il coraggio di chiederla, avrai anche quello di portarla”». Alla Juventus, invece, la 10 non gli fu concessa: «Lo fecero per proteggermi», dice ora senza rancore. Scelse allora la 33, «per motivi legati alla mia fede».
Ma sul palco di Trento non è salito solo il calciatore, c’era anche l’uomo. Quello che non teme di esprimersi liberamente, anche attraverso l’abbigliamento, come quando ha raccontato di aver indossato una gonna. «Non è provocazione, per me la libertà personale è sacra. Bisogna potersi esprimere anche al di fuori degli schemi. A volte serve solo tempo per capirlo», spiega.
Non mancano i ricordi più intimi, che toccano la sfera personale. Come quello di Davide Astori, compagno alla Fiorentina, scomparso prematuramente nel 2018: «Ogni mattina mi dava uno scappellotto e diceva che prima o poi me lo sarei meritato». O il legame con Federico Chiesa, diventato ormai come un fratello: «Un talento vero, ma gioca con un peso sulle spalle, quello del cognome».
E poi l’incontro con Cristiano Ronaldo, che Bernardeschi descrive come «un fenomeno per dedizione» e, soprattutto, «per umiltà, quella che pochi riescono a vedere dietro la fama».
Adesso, la nuova tappa si chiama Bologna. Non tutto è andato subito per il verso giusto, ma la voglia di rimettersi in gioco è intatta: «Ho trovato una società solida, con dirigenti competenti e un presidente serio. Mi ha convinto la possibilità di rimettermi alla prova», afferma con lo sguardo di chi vuole dimostrare che ha ancora tanto da dire. «Ho bisogno di sentire il fuoco dentro, di sentirmi vivo». E a ricordarglielo c’è anche il nuovo allenatore: «Italiano è tosto, uno che non molla. Se lo segui, i risultati arrivano. Ora mi manca solo una cosa: segnare». L’augurio è che il gol sia dietro l’angolo.
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Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)