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Un ragazzo di 25 anni non ha mai visto il Bologna in Europa. Ma tornarci non sarà una passeggiata

Un ragazzo di 25 anni non ha mai visto il Bologna in Europa. Ma tornarci non sarà una passeggiata

Ph. Getty Images

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Anziché riequilibrare le forze in gioco del calcio italiano, gli anni seguiti a Calciopoli hanno cristallizzato lo status quo attorno ad un selezionato gruppo di club. Si chiama Restaurazione, nulla di nuovo sotto il sole. Mai come negli ultimi quindici anni vincere e andare in Europa è rimasta una prerogativa per pochi intimi. A fine anni Novanta si usava l’espressione ‘sette sorelle’ per indicare il blocco delle favorite per lo scudetto, tutte più o meno equivalenti ai nastri di partenza. Oggi quell’immagine assomiglierebbe invece ad un oligopolio senza ricambi che si spartisce regolarmente i primi posti e i piazzamenti europei.
Dal 2008 ad oggi, solo sette squadre fuori dal giro delle solite note hanno ottenuto almeno un accesso alle coppe internazionali. Si tratta di Atalanta, Udinese, Sampdoria, Palermo, Torino, Genoa e Sassuolo, soltanto per andare in ordine decrescente di partecipazioni, dalle cinque dei bergamaschi a quella unica e irripetuta dei neroverdi emiliani. Al tempo stesso, nel medesimo periodo, sono retrocesse due volte Cagliari, Verona e Palermo, e una volta Genoa, Sampdoria, Atalanta e Torino. Cinque squadre che sono andate in Europa negli ultimi quindici anni, insomma, sono anche retrocesse. La morale? Andare in Europa non salva dal pericolo della Serie B, come ha ben evidenziato l’a.d. Claudio Fenucci qualche settimana fa: «Ogni anno un club che fattura come il Bologna finisce per retrocedere».
Retrocedere, però, è proprio quello che non ha mai rischiato il BFC da quando Saputo ne governa i destini (a parte il disastroso inverno 2018/19, emendato dalla storica rimonta di Mihajlovic). L’estate appena conclusa ci ha ricordato che sono passati vent’anni esatti dall’ultima partita dei rossoblù in Europa (col Fulham in finale di Intertoto, ricordo nerissimo associato alla tripletta della meteora Junichi Inamoto a Craven Cottage). Un periodo lungo e sfibrante, che per molti tifosi di ultima generazione equivale ad una vita intera passata sugli spalti senza affacciarsi oltre il perimetro di via De Coubertin. Però, al di là dell’elogio dei bei tempi andati, occorrerebbe più prudenza prima di paragonare quella stagione sportiva all’attuale situazione: il Bologna di vent’anni fa gareggiava in un campionato corto, che ammetteva l’imprevisto e sul quale si poteva incidere con un paio di innesti azzeccati (vedi Baggio e Signori). Quello di oggi arranca in una competizione lunga, che spiana i livelli medi e alla distanza lascia intatte le ambizioni dei pochi destinati a comandare.
Chi investe nel calcio odierno, del resto, non può tollerare di esporsi al rischio di non raggiungere gli obiettivi. Qualificarsi in Europa è una faccenda complicata, ora più che mai. E per farcela non serve solo una grande stagione, ma occorrono infrastrutture, un fatturato e un contorno tecnico che al momento ancora non ci sono. La fortuna, però, è quella di avere un proprietario che nell’attesa di tempi migliori non ha mai messo in discussione il presente e non si è mai sottratto agli aumenti di capitale. Non dimentichiamocelo. Perché quando si sarà stancato, sarà sempre troppo tardi.

Luca Baccolini

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Foto: Imago Images (via OneFootball)