Zerocinquantuno

Trevisani: “A Bologna si sorride e si rinasce, a Firenze un po’ meno. Italiano straordinario, Cambiaghi e Castro potenziali top, ho fiducia in Bernardeschi e Immobile”

Trevisani: "A Bologna si sorride e si rinasce, a Firenze un po' meno. Italiano straordinario, Cambiaghi e Castro potenziali top, ho fiducia in Bernardeschi e Immobile"

Ph. instagram.com/riccardotrevisani

Tempo di Lettura: 5 minuti

Bologna e il Bologna a 360 gradi: una piazza unica nel suo genere, una società sempre più solida e ambiziosa e una squadra che punta a riconfermarsi ad alti livelli dopo due stagioni storiche. Ma anche la Serie A in generale e la nostra Nazionale, all’affannosa ricerca di una qualificazione al Mondiale che manca dal 2014. Oggi abbiamo parlato di tutto questo con Riccardo Trevisani, telecronista e opinionista di Sport Mediaset e collaboratore della testata Cronache di spogliatoio.

Ciao Riccardo, è un piacere poter parlare di calcio con te. Partiamo dall’attualità e da una tua valutazione sull’Italia di Gattuso, che in ottica Mondiale 2026 si è garantita quantomeno i playoff. «Di questa Italia mi piace la duttilità, la capacità di disporsi in base all’avversario e alle caratteristiche dei propri giocatori più in forma. Io sogno sempre una Nazionale che sia al servizio dei calciatori che sono in palla: mi pare che Gattuso abbia la capacità di capire il momento e l’ha dimostrato puntando forte sui due attaccanti più prolifici, ovvero Kean e Retegui. Al netto di un blocco solido e di qualcuno imprescindibile, questa squadra ha un solo fuoriclasse che è Gianluigi Donnarumma, tutti gli altri sono buoni o buonissimi elementi intercambiabili fra loro».

Non credi che andrebbe modificato qualcosa nei criteri di accesso al Mondiale? In Sudamerica, per esempio, passano sei squadre su dieci e una va ai playoff. «Sono d’accordo, l’Europa non ha nemmeno un terzo delle partecipanti al prossimo torneo allargato a quarantotto pur vantando il calcio più complicato e sofisticato, oltre che il più forte: resto convinto che al nostro continente spettassero venti squadre anziché sedici».

Dall’Italia a Italiano… Qual è la tua opinione su di lui, sulla sua proposta calcistica e sul suo percorso di crescita? «Parliamo di un allenatore cresciuto scalando i livelli un passo per volta, dalla Serie D fino alla precedente avventura a Firenze, dove non è stato trattato come meritava e dove credo ora venga decisamente rimpianto. Il Bologna ha avuto il fiuto e la sveltezza di andarsi a prendere un tecnico straordinario nell’abnegazione, nel lavoro quotidiano, nella capacità di farsi capire, di regalare carriere a giocatori che difficilmente le avrebbero avute e di coinvolgere tutta la rosa a disposizione. Prendo ad esempio Cambiaghi: crociato rotto all’esordio, Italiano gli ha dato il tempo di recuperare con calma perché non aveva l’urgenza di ributtarlo subito in campo, data la sua bravura nell’utilizzare al meglio e rendere partecipi tutti gli altri attaccanti esterni».

Cambiaghi è senza dubbio una delle note più liete di questo inizio di stagione… «La sua esplosione è avvenuta, come dicevo prima, al netto di una lesione al crociato, qualcosa di incredibile perché non succede quasi mai. Lo ritengo un giocatore eccezionale, se riuscirà a raddrizzare la mira dal punto di vista realizzativo le cose si faranno davvero interessanti. Mi ricorda molto Federico Chiesa che però, proprio in seguito alla rottura del crociato patita nel 2022, non è più tornato quello di prima».

Come vedi il Bologna di quest’anno, dopo la partenza di Beukema e Ndoye? Ti sei già fatto un’idea sui volti nuovi come ad esempio Heggem, Rowe e Vitik? «Mi sembrano elementi piuttosto interessanti, da seguire con grande attenzione. Magari non tutte le operazioni danno buoni frutti, ma nessun direttore sportivo indovina il 100% degli acquisti: il miglior d.s. non è quello che azzecca più giocatori possibili, è quello che ne sbaglia meno. Sotto questo aspetto il Bologna degli ultimi anni è estremamente affidabile, su una trentina di operazioni direi che almeno l’80% siano state azzeccate, qualcosa di straordinario. Si percepisce proprio la capacità di costruire rose complete in un contesto, come quello italiano, in cui tante squadre sono monche poiché prive di qualche tassello: il club di Saputo ha tutte le carte in regola per diventare un’Atalanta 2.0».

Domanda secca: fossi stato in Sartori e Di Vaio, avresti puntato su cavalli di ritorno come Bernardeschi e Immobile? «La verità è che questi due profili giocano a calcio come pochi altri, almeno qui da noi, e credo si possa dire senza timore di smentita che sono molto forti. Bernardeschi, in particolare, ha trentun anni e ancora tantissimo da dare: certo, dietro la punta deve vedersela con Odgaard e Fabbian e da ala destra con Orsolini, quindi sbaragliare la concorrenza non sarà facile, ma lui è un calciatore diverso, speciale in termini di talento e visione».

Intanto Immobile si avvicina al rientro… «Immobile è l’ottavo cannoniere di sempre nella storia della Serie A, si presenta da solo. Adesso il rischio è di valutare l’operazione col senno di poi, ma la verità è un’altra: ha fatto un precampionato talmente importante che alla prima giornata a Roma era già titolare. Aspettiamolo, con la sua esperienza e il suo killer instinct potrà essere utilissimo alla squadra e nel contempo aiutare un ragazzo come Castro».

Castro che è una delle gemme più preziose in dote al BFC… «Al netto della rete contro il Genoa, finora tra le più belle del campionato, ciò che forse gli manca è la capacità di segnare con continuità i cosiddetti ‘gol facili’ da sottomisura, quelli cui tanti attaccanti hanno costruito le loro carriere. Però non dimentichiamoci mai che Castro ha solo ventun anni: dov’erano i grandi bomber alla sua età? Il suo potenziale è ancora lontano dalla massima espressione, e se in allenamento sarà bravo a ‘rubare’ qualcosa a Immobile potrà diventare uno dei centravanti più forti in Europa. Già ora fa delle cose di cervello, di pensiero, che la maggior parte dei suoi pari ruolo può solo sognare».

In Serie A credi che la rosa del Bologna possa valere un piazzamento fra le prime sei-sette? «A livello di organici il campionato presenta Inter, Napoli e Milan come prime tre forze, e subito dietro un altro trio composto da Juventus, Roma e Atalanta: pronti via, dunque, la rosa rossoblù sembra poter concorrere al massimo per il settimo posto. Se poi l’allenatore farà un altro miracolo e porterà la squadra più in alto ben venga, ma fermandoci ai ragionamenti sulla carta direi che ogni posizionamento sopra il settimo dovrà essere considerato un’impresa. Senza dimenticare la concorrenza di Fiorentina e Lazio, compagini similari al Bologna come valori».

E in Europa League pensi che i rossoblù riusciranno a superare la fase campionato? «Come sempre bisognerà far parlare il campo, ma di base ritengo improbabile vedere il Bologna addirittura fuori dalle prime ventiquattro. La squadra è troppo ben pensata, ben costruita e ben allenata per ipotizzare che fallisca l’obiettivo. Inoltre l’avventura in Champions della passata stagione ha lasciato in dote l’esperienza per fare strada nella seconda competizione europea, anche più avanti quando inizieranno le sfide a eliminazione diretta».

Di recente è diventato virale un tuo intervento molto critico sulla piazza di Firenze: quali differenze vedi con Bologna, dato che tra le due squadre e i due club ci sono delle affinità, anche come obiettivi? «C’è un differente modo di vivere la vita e il calcio: quello dei bolognesi mi sembra più morbido, più leggero e quasi sempre col sorriso, mentre quello dei fiorentini è più ingrugnito e criticone. Bologna mi sembra anche una città che aiuta a risorgere le persone, penso ad esempio a Baggio, Signori e Di Vaio, un posto in cui la vita si prende bene. Ecco, forse questo a Firenze capita un pochino meno».

In conclusione una curiosità sulla scorsa Coppa Italia, avendola seguita da vicino per Mediaset: vi aspettavate che alla fine avrebbe trionfato proprio il BFC? «Non sono stato sorpreso dalla galoppata rossoblù proprio per quello che penso di Italiano, anche se magari si poteva pensare che in una partita secca avrebbero prevalso le individualità del Milan. Il mister veniva da tre finali su tre perse con la Fiorentina senza davvero meritare di perderne una: forse quella dell’Olimpico non è stata la migliore gara del Bologna a livello di prestazione, ma proprio perché tante volte aveva avuto poca fortuna gli è tornato indietro qualcosina…».

Riccardo Rimondi

© Riproduzione Riservata

Foto: instagram.com/riccardotrevisani

Exit mobile version