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Il thiagomottismo ad orologeria

Il thiagomottismo ad orologeria

Ph. Getty Images

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Non sono un thiagomottista, ma criticare il nostro mister dopo averne tessuto lodi degne di un santone è da ipocriti: il grande innovatore, come è stato dipinto, in realtà è un allenatore che pratica un calcio associativo, già proposto in Italia una decina d’anni fa da Luis Enrique (con alterne fortune, avute poi a Barcellona) e ricorrentemente da Guardiola (purtroppo mai nel nostro Paese), un calcio in cui il collettivo supera ogni individualismo e il possesso palla è una sorta di mantra ideologico.

I grandi adulatori, come sappiamo, sono poi i primi a criticare: si chiamano paraculi.

Non sono un thiagomottista, ma criticare il nostro mister per non essere riuscito a battere il Verona è pretestuoso dopo le vittorie ottenute di recente: serviva non caricare eccessivamente di aspettative una normalissima partita contro una squadra disperata, una partita come tante nella storia del calcio mondiale, in cui la compagine con fame di punti contro-gioca e alla fine prevale.

Non sono un thiagomottista, ma se fino a ieri per qualcuno ci giocavamo l’Europa (non ho ancora capito tramite quali combinazioni astrali: chi deve vincere la coppa Italia? Chi la Champions? Chi l’Europa League? Quanti punti devono togliere alla Juve?) credo che il merito sia quasi esclusivamente di un allenatore che ha rivitalizzato tutto l’ambiente e una rosa che per i thiagomottisti di oggi era da retrocessione dopo la sconfitta in casa della Juventus: «Guardiamoci le spalle», scriveva allora lo stesso quotidiano che fino a ieri caricava la molla per l’Europa. Ah, la coerenza…

Non sono un thiagomottista, perché a differenza dei thiagomottisti di oggi non ero per il suo esonero e per Ranieri dopo le prime partite, e sempre a differenza dei thiagomottisti di oggi (che dopo la partita di ieri sera lo stanno criticando) penso che abbia fatto la solita gara, con le solite scelte (alcune naturalmente opinabili), e che a differenza di altre uscite recenti alcune giocate non siano venute e la fortuna non l’abbia aiutato: per la capacità degli avversari di complicare i piani tattici del Bologna e perché Orsolini, a tempo scaduto, ha sbagliato un gol a porta vuota, dopo averci fatto vincere alcune partite con gol molto più complicati (Sampdoria, Inter e Atalanta).

Non sono un thiagomottista, perché i thiagomottisti si erano fatti la bocca buona: il Bologna non vale la classifica che ha adesso, per valori della rosa e statistiche generali (che ogni tanto andrebbero considerate, dato che raramente mentono nel lungo periodo), e se la squadra è quasi sempre stata a ridosso delle zone nobili lo si deve esclusivamente all’allenatore.

Non sono un thiagomottista perché i thiagomottisti, se il Bologna dovesse arrivare decimo (piazzamento più vicino ai reali valori della rosa), vedrebbero questa posizione come il frutto di un campionato deludente, quando invece sarebbe una posizione ottenuta mediante il gioco, la valorizzazione di quasi tutto l’organico e con la scomoda eredità tecnico-tattica (e non solo) del suo predecessore.

Non sono un thiagomottista perché, riflettendo bene, mi sono accorto che i thiagomottisti di oggi sono i ‘maigoduti’ di ieri.

Tosco – www.madeinbo.tv

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Foto: Getty Images (via OneFootball)