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Inter-Bologna 6-1: il Tosco l’ha vista così…

Inter-Bologna 6-1: il Tosco l'ha vista così...

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Il calcio è uno sport meraviglioso perché concede di poter recriminare su un episodio anche quando la partita finisce con uno scarto di cinque reti. Inutile girarci intorno: la fischiata del signor Colombo contro Lucumí, con annesso cartellino giallo, ha contribuito in modo palese ad invertire il trend di un confronto che invece viaggiava su binari di assoluta incertezza.

Analizzando la gara finché gara c’è stata, i ragazzi di Motta l’hanno interpretata molto bene sul piano tattico, chiudendo spazi vitali agli avversari nella parte centrale del campo e obbligandoli ad aggirare la linea difensiva per trovare corridoi alternativi, perdendo così tracce di gioco a loro più congeniali.

Sulle difficoltà dell’Inter i rossoblù hanno costruito una manovra diametralmente opposta: giocate a due tempi dirette sull’uomo libero sopra la linea del palleggio, e una certa facilità ad arrivare al tiro. Poi la punizione incriminata: da lì il mondo è cambiato, il Bologna ha perso la brocca e a livello di analisi non resta che allargare le braccia e rimproverare una squadra che non dovrebbe mai permettersi di sbragare, perché certe figurette nel professionismo non sono tollerabili. Valeva per Donadoni e Mihajlovic ieri, vale per Motta oggi.

In conferenza stampa il mister si è assunto la responsabilità della débâcle (e ci mancherebbe!), ma non è sufficiente: l’autocritica deve partire, a mio avviso, dalla mancanza d’identità tattica che la squadra continua ad avere nonostante le tre vittorie consecutive. È quanto non sono riuscito a vedere nel suo Spezia della scorsa stagione e che non vedo nel suo Bologna di oggi: una squadra che mostra sprazzi di calcio interessanti per qualità di idee riguardanti rotazioni offensive e occupazione degli spazi, ma dentro ad un canovaccio mediamente modesto per intensità ed applicazione, come le tante frazioni di gioco che abbiamo visto praticamente in tutte le gare disputate finora col tecnico italo-brasiliano.

L’adattabilità agli avversari è una risorsa riconosciuta alla nouvelle vague di Thiago, ma diventa un limite quando condiziona le prestazioni tattiche: se si ha la volontà di essere artefici del proprio destino (cosa dichiarata più volte dal mister), bisogna interpretare le gare con filosofie di gioco più ‘identitarie’, per usare un termine in voga in questo periodo storico. Non si possono disputare frazioni di match (come la seconda di ieri sera, la prima contro il Torino, la seconda contro la Samp, entrambe contro la Juventus) in cui la squadra vaga per il campo senza una volontà chiara. Un esempio: ieri per il recupero palla (PPDA) il BFC ha impiegato 34,40 passaggi, contro il Toro 11,50. C’è una logica in tutto ciò?

Sì: ti adatti all’Inter e ti ipnotizzano, ti adatti al Toro e ti tocca correre!

Motta non me ne vorrà, ma una precisa filosofia tattica divide gli allenatori tra quelli che lasciano qualcosa a quelli che non lasciano traccia.

Thiago appare come un predestinato e lo standing in effetti non gli manca, così come non gli mancano certo le idee di un calcio di nuova generazione: sarebbe opportuno che queste apparissero con più determinazione perché ad oggi, per accorgersene, ci vuole molto intuito.

Tosco – www.madeinbo.tv

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