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Corvi e corvacci

Corvi e corvacci

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Il costume sportivo bolognese ha ormai insegnato anche al più ipovedente degli osservatori che esiste una categoria – non folta, ma intellettualmente agguerrita – che appartiene zoologicamente al gruppo dei condor, i famosi uccellacci appollaiati su rami adunchi, pronti a planare sul corpo del nemico sconfitto. In quanto osservatore distaccato (sebbene ormai relativamente datato) delle faccende rossoblù non posso non osservare divertito tale fauna resistente, ormai endemica, che si nutre dialetticamente degli insuccessi della squadra. Corro il rischio di averne fatto involontariamente parte, ma mi perdonerete sia l’uso smodato della prima persona, sia i riferimenti autobiografici.
Oserei addirittura dire che l’evoluzione incattivita del maigoduto sia proprio quella dei condor. Il maigoduto, infatti, non andrebbe mai oltre il lamento di sottofondo. Sa che quello è il suo perimetro e non si sognerebbe di oltrepassarlo. Ma il condor (o corvo, chiamatelo come volete a seconda degli scenari ornitologici che preferite evocare) non si accontenta affatto della semplice geremiade del lunedì mattina. I condor vogliono l’annientamento, il reset, l’armistizio, lo zero. Per poi poter dire: «Ecco, ciò che è accaduto è il risultato di quanto predetto: il progetto sportivo non c’era». Il condor non ama la mezza classifica, che può esser sempre letta come una caraffa mezza piena o mezza vuota, bensì le disfatte totali, irreversibili, inequivocabili. Perché diventano il suo trionfo pieno e senza compromessi. Tatticamente, i condor hanno a disposizione un esercito permanente di maigoduti, ma sanno che non saranno loro a combattere in prima linea. Il maigoduto prepara il terreno, ma è il condor a voler banchettare da solo.
Le sette sconfitte nelle ultime dieci partite sono state una visione paradisiaca per i condor, ma poi è arrivata la vittoria sullo Spezia, tanto più esiziale per l’habitat del condor quanto più il successo è stato oggettivamente meritato e senza crepe. I condor hanno però un vantaggio tattico fondamentale: possiedono memoria lunga e pazienza infinita. E non sarà semplice smuoverli dalla loro posizione nemmeno quando siederanno in uno stadio nuovo e moderno. Diranno che in quello del vicino si parcheggia meglio e che, comunque vada, tra cent’anni sarà di nuovo da ristrutturare.

Luca Baccolini

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