Una Nazionale fragile come un grissino, che al primo ostacolo perde completamente la bussola e si fa inghiottire dai suoi spettri. Spettri che aleggiano ormai dal 2017, da quel famigerato Italia-Svezia a cui seguì cinque anni dopo l’altra fatale Macedonia del Nord. Andò male perfino quando in campo avevamo gente in grado di prendersi delle responsabilità, come Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini. Adesso, invece, chi se le prende queste responsabilità?
Ieri, dopo un buon primo tempo caratterizzato da voglia di padroneggiare il campo e giocare il pallone di prima, con idee interessanti in fase offensiva, alla prima risposta dei norvegesi c’è stato il totale patatrac. Ed è arrivato un 1-4 inammissibile. Un risultato pesante che ha interrotto la striscia positiva di Gattuso, che poteva rappresentare un motivo di stimolo in più e di ripartenza per i giocatori in campo. Ma gli spettri non sono ancora passati.
Qualche illustre penna del giornalismo italiano critica Gattuso e chiede un c.t. più esperto al suo posto. Fino a qualche mese fa in panchina sedeva Luciano Spalletti, che ovunque è andato ha sempre fatto molto bene e regalato divertimento ai propri tifosi, calcisticamente parlando. Poi si è giustamente deciso per l’esonero, ci si è guardati attorno e, orfani di Ancelotti, ci si è sentiti smarriti, un po’ come accade quando nelle chiacchiere da bar bisogna scegliere i titolari di questa Nazionale.
Ma Gattuso, insieme al suo staff tecnico e dirigenziale rinnovato, deve portarci al Mondiale americano, punto e basta. Meno stravolgimenti tattici alla Spalletti, più senso d’appartenenza e idee chiare, più cuore, grinta e fuoco dentro. Gli azzurri hanno risposto battendo squadra più ‘umili’, quelle contro cui probabilmente l’ultimo Spalletti non sarebbe più riuscito a vincere. La netta sconfitta di ieri (e probabilmente già il timido 2-0 alla Moldavia, peraltro difeso dallo stesso Rino) è però un segnale che, sotto sotto, non è cambiato granché.
Probabilmente queste parole non fanno bene all’Italia, proprio perché il morale al momento è fragile e la personalità scarseggia. Ora, sicuramente fatichiamo quando ci mancano certi elementi, vedi Calafiori, Tonali e Kean; ma dall’altro lato non venitemi a raccontare che i vari Barella, Bastoni e Dimarco sono giocatori modesti, visto che durante l’anno vengono considerati tra i top in Europa nel loro ruolo. Quindi sì, si potrebbe fare di più e le risposte ce le ha date nel concreto la gestione prime di Roberto Mancini, per qualità di gioco e risultati.
Un successo, quello ottenuto all’Europeo del 2021, che si inserisce in un imbuto buio della gestione tecnico-federale del nostro calcio. Laddove il giovane talento c’è ed emerge tra le vittorie e le finali delle varie Under negli ultimi anni, ma poi si perde completamente. In una Serie A che torna a disputare finali e ad alzare trofei in campo continentale, ma che andrebbe riformulata. Con una Nazionale in cui si fa fatica a trovare una quadra all’undici in campo e che rischia ancora una volta di non andare ai Mondiali. Il primo incubo dell’Italia non è il sorteggio playoff di giovedì, ma l’Italia stessa: ciò che fa davvero paura è guardarsi allo specchio.
Marco Salicini
© Riproduzione Riservata
Foto: Marco Luzzani/Getty Images (via OneFootball)
