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Mentre il Bologna va in cerca della grandezza, Bologna dovrebbe imparare l’arte dell’equilibrio

Mentre il Bologna va in cerca della grandezza, Bologna dovrebbe imparare l'arte dell'equilibrio

Ph. Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)

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Nell’epoca della polarizzazione non c’è spazio per le mezze misure e i periodi di transizione, data questa premessa, sono i più difficili da vivere e da commentare.

L’improvviso salto in avanti compiuto dal Bologna due stagioni fa ha acuito la separazione tra due anime che da sempre coesistono in questa piazza: quella più legata al blasone e alla speranza di rivivere i fasti che furono, e quella più disincantata di chi, scegliendo la fede rossoblù, sapeva già di imbarcarsi in un viaggio che di magoni ne avrebbe previsti parecchi.

Oggi che il BFC sta lavorando per potersi definire ‘big’ senza alcuna remora, la tifoseria sembra spaccata tra chi ha pretese di grandezza e chi ancora si riscopre a lustrarsi gli occhi per la meraviglia.

Quella attualmente abitata è una terra di mezzo, nient’affatto avara di soddisfazioni e tesori, ad esempio una Coppa Italia che mancava da ben cinquantun anni ma pur sempre di mezzo, e che per questo genera un curioso cortocircuito.

Ogni volta, dopo una partita, ma in particolar modo dopo le sconfitte, i commenti spaziano tra il de profundis e l’arte dello zen, tra gli insulti e il supporto a prescindere, tra chi invita i giocatori a vergognarsi e chi in quei frangenti si vergogna di condividere la gradinata con chi non riconosce come un proprio simile.

C’è chi in questi due anni a scuola e sul lavoro ha ottenuto diverse rivincite, potendo finalmente esultare in faccia a compagni e colleghi che per troppo tempo si erano burlati di lui. Poi ci sono le trasferte in Europa, il lusso di vedere i propri giocatori finalmente valutati cifre che sembravano poter essere incassate solo da altre realtà, la bellezza di sentire ‘Bologna’ e ‘il calcio più bello d’Italia’ nella stessa frase.

Una parte della piazza è lassù, nell’empireo, e ha guardato per così tanto tempo il mondo da sotto in su che non vuole più pensare di scendere, neanche per un secondo, neanche per un inciampo, e non perdona niente ai propri idoli, perché un idolo che non fa miracoli non è degno di fede.

Al contrario c’è chi ha conservato molto bene i ricordi dei periodi in cui il Dall’Ara non offriva certo spettacoli indimenticabili, e ha talmente chiari in mente quei momenti, quasi come li vivesse ancora adesso, che commenta con la stessa benevolenza alcune prestazioni che forse sarebbero state giustificabili allora, ma che attualmente, considerate le radicali differenze di contesto e caratura dei protagonisti, non meriterebbe tale generosità.

È difficile, forse impossibile, trovare una sintesi tra due voci così distanti che a volte sembrano commentare due squadre diverse. Eppure il cuore è in comune. Gonfio, strapazzato, dolente o impazzito è sempre lo stesso, unico, un cuore a tinte rossoblù. E se proprio non si riesce ad accordarne i battiti, almeno le mani vengano battute all’unisono ogni volta che la squadra scende in campo. «Il Bologna ha bisogno di noi», ci ricorda sempre la curva. Di tutti noi.

Fabio Cassanelli

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Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)

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