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Storie di altri Mondiali: quando il Bologna tesserò il commissario tecnico dell’Argentina

Storie di altri Mondiali: quando il Bologna tesserò il commissario tecnico dell'Argentina

Ph. twitter.com/fifaworldcup

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«I peruviani discendono dagli Inca, i messicani dagli Aztechi. Gli argentini, invece, dalle navi». Questo si diceva all’inizio del secolo scorso, senza timore di offendere nessuno, pur in aperta violazione del politically correct. Da un piroscafo, per l’esattezza, era disceso anche Felipe Pascucci, già allenatore del River Plate e soprattutto c.t. dell’Argentina ai Mondiali del 1934, organizzati per la prima volta in Italia. Aveva 26 anni, ed era il più giovane allenatore a guidare una squadra ai Mondiali. Un primato mantenuto fino ad oggi.
La sua Nazionale era attesa al debutto nel nuovo Littoriale di Bologna, costruito appena sette anni prima. Argentina contro Svezia, pronostico scontato. «Se speriamo nel successo? Molto, non lo nascondiamo. La selezione argentina sarà la sorpresa del campionato», dichiarò Pascucci in un eccesso di sicumera, pur sapendo che la spedizione italiana era iniziata nel peggiore dei modi, con una Federazione ostile che aveva negato il permesso di partire ai migliori giocatori: a Buenos Aires temevano che la bella vita europea avrebbe sconsigliato il ritorno in patria.
Pascucci resse il ruolo del paravento, sicuro che anche con gli ‘scarti’ argentini avrebbe portato la Nazionale fino in fondo. Si sistemò all’Hotel Baglioni con la squadra e non perse l’occasione di andare a trovare la fidanzata, che risiedeva a Parma, e la madre, che non aveva mai lasciato Genova. Due mosse disinvolte, che gli si sarebbero ritorte contro. Il debutto al Littoriale somigliò ad una recita di fine scuola: giunti allo stadio in tram un’ora prima dell’incontro, gli argentini salutarono le famiglie via radio e così fece anche Pascucci. Furono però gli ultimi sorrisi. La Svezia vinse 3-2 e la squadra più attesa, la più giovane del torneo, fu subito eliminata senza appello.
Pascucci, genovese con una forte nostalgia di casa e un gran timore d’esser messo alla gogna una volta rientrato in patria, scelse Bologna come rifugio temporaneo. Durante le lunghe settimane da esiliato-disoccupato piazzò qualche intervista in qualità di «istruttore in cerca di sistemazione» e alla fine l’ingaggio arrivò proprio dal BFC, di cui diventò osservatore, allenatore degli Allievi e infine preparatore atletico nella prima esperienza rossoblù di Arpad Weisz.
Da commissario tecnico di una gloriosa Nazionale a responsabile dei polpacci dei calciatori: oggi sarebbe come se Roberto Mancini diventasse di colpo il fisioterapista di Barrow. Una storia d’altri tempi, e di altri Mondiali, quando il calcio non era separato dalla vita reale. Pascucci finì poi in Liguria, sua terra d’origine e d’adozione, diventando vice nel Genoa del Secondo dopoguerra e istruttore alla Pro Recco, la squadra di pallanuoto. E là diede le sue ultime direttive, prima che un attacco di cuore se lo portasse via per sempre nel dicembre 1966.

Luca Baccolini

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