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‘Bombardino’ Nanni e altri ricordi rossoblù

'Bombardino' Nanni e altri ricordi rossoblù

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Negli anni Settanta andare in zona stadio, per noi ‘cinni’ della Bolognina, voleva dire respirare profumo di Bologna. Si prendeva l’autobus, quello delle partite al Comunale.
Al giovedì si andava invece a vedere l’allenamento al Velodromo di via Pasubio. Ora è un parco pubblico, ma in epoche magiche anche Coppi e Bartali si sono misurati sulle mitiche curve paraboliche della sua pista.
Quando ero lì cercavo subito con lo sguardo l’allenatore, il mitico Bruno Pesaola.
Argentino dal passato glorioso, fumatore incallito, giocatore di carte ed ex calciatore dal dribbling secco. Lo chiamavano ‘Petisso’, ovvero ‘piccoletto’.
Ricordo che mi rimase impresso un centrocampista che veniva dalla Lazio: Franco Nanni.
Aveva un tiro potentissimo, e infatti era soprannominato ‘Bombardino’. Spesso in allenamento, quando stava per calciare, i difensori si scansavano.
In casa mia l’argomento calcio è sempre stato molto presente, ma in modo piuttosto particolare, ecco perché amo raccontare aneddoti un po’ diversi dal solito.
Per esempio, mio nonno Gino Zocca giocò addirittura in Prima Divisione negli anni Venti, con la maglia del Petrarca Padova.
Una volta venduti i libri di scuola si fece fare le scarpe da un calzolaio, che gliele creò azzurre. Pensate, nel 1928 un paio di scarpe da calcio di pelle… azzurre!
Aveva una vistosa cicatrice sulla testa pelata, derivata dalle incornate contro la cucitura del pallone di cuoio: quando eri sfortunato e lo colpivi proprio lì, erano dolori.
Per continuare il discorso famiglia, mia madre lavorava nel campo della cinematografia, aggiustando pellicole nei palazzi di Renato Dall’Ara in via Boldrini. Spesso le capitava di incrociare i giocatori rossoblù che abitavano lì: Bulgarelli, Fogli, Pivatelli…
Rammento spesso gli idoli di mio padre, su tutti Marino Perani. Ala destra del settimo scudetto e poi, come tecnico, un precursore.
Criticatissimo quando subentrò a Pesaola, allenava in maniera innovativa. Era troppo avanti nei tempi, tanto che volle imporre la difesa a zona a gente come Roversi e Bellugi (quest’ultimo stopper anche della Nazionale) che a zona non avevano mai giocato.
Il calcio di Perani era fatto di tanti movimenti, con un centromediano metodista e due mediani laterali. E poi la difesa a zona, appunto, proprio come si gioca ora. Ma era il 1979…
Dire che a Bologna è nato il calcio moderno, ripensando anche agli anni pionieristici, non è poi così assurdo.
D’altronde il dribbling più brasiliano del mondo, il doppio passo, l’ha inventato un bolognese: Amedeo Biavati.
E questa è storia.

Roberto Porrelli

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