Nino Benvenuti, una carezza in un pugno

Nino Benvenuti, una carezza in un pugno

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Icona dell’antidivismo. Nino Benvenuti ha rappresentato per lo sport italiano tutto il meglio, e insieme tutto il peggio, che l’Italia democristiana degli anni Sessanta, perbenista e bigotta, potesse chiedere ad un uomo di successo. Divinità sul ring, mortale al di fuori.
Nel 1967 il campione era giunto all’apice della sua carriera: l’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, vinto a 22 anni nei pesi welter sullo stesso ring dove trionfava Muhammad Ali, lo avevano già iscritto nella leggenda, poi la definitiva consacrazione, prima col titolo mondiale dei superwelter conseguito nel ’65 ai danni di Sandro Mazzinghi (che per almeno cinquant’anni ripudiò quella sconfitta) e poi con la storica vittoria a New York contro Emile Griffith due anni dopo. Ora il mondo intero conosceva quel ragazzo istriano nemmeno trentenne, che a suon di pugni aveva riscattato un’infanzia difficile, da esule del dopoguerra, arrivando alla fama e al successo.

Fonte: facebook.com/Radio1Rai

Ma dicevamo, estate del ’67: Benvenuti era giunto a Bologna, dove si sarebbe allenato per confermare il titolo contro Griffith. La palestra si trovava in via dei Poeti (dove, caso vuole, anche oggi c’è una piccola palestra, seppur senza ring), nella zona del centro. Qui conobbe Nadia, giovane e bella a tal punto da essere eletta proprio quell’anno Miss Emilia, e se ne innamorò follemente. La relazione clandestina emerse con toni scandalistici, dal momento che Nino era già sposato e padre di tre bambini piccoli. Un matrimonio in crisi, conseguito da giovanissimo con una donna delle sue parti che poi scoprì molto diversa da lui: il suo carattere schivo mal si conciliava con le abitudini della moglie, che amava il lusso e la vita agiata.

Fonte: ebay.it

Erano però i tempi delle unioni indissolubili e della famiglia davanti a tutto. E quando Benvenuti salì di nuovo sul ring a New York il 29 settembre 1967, venne sconfitto da Griffith e la ragione di tale débâcle fu attribuita a quella relazione che l’aveva distratto, costringendolo (inventarono i rotocalchi) ad una preparazione approssimativa. A quel punto Nino decise di ribellarsi: era pronto a gridare al mondo intero che amava un’altra e avrebbe lasciato la consorte. Ma davanti ai microfoni, in una conferenza stampa datata 31 dicembre 1967, la ragione prevalse sul cuore e dichiarò l’opposto, per timore di mettere a repentaglio la carriera. Nadia, che nel frattempo l’aspettava a Roma, non lo vide arrivare e rimase sola con la bambina che stava aspettando: finita al centro della bufera, si rifugiò in Francia da suo fratello, dove diede alla luce Nathalie.
Nella ‘bella’ con Griffith di tre mesi dopo, al Madison Square Garden, il fuoriclasse riscattò alla grande la sconfitta e si riprese la cintura dei pesi medi. Ma lo scandalo era ormai su tutti i giornali, e Benvenuti dipinto come un uomo senza morale, tanto che l’allora Papa Paolo VI non volle riceverlo in udienza. Ferito del profondo, dal dicembre 1968 al maggio 1970 riuscì comunque a difendere il prestigioso titolo dagli assalti dei vari Fullmer, Scott, Rodriguez e Bethea, unendo a forza e talento una straordinaria lucidità mista a resilienza. Poi però un doppio k.o. tecnico contro l’argentino Carlos Monzón ne sancì la fine del percorso agonistico.

Fonte: facebook.com/TeamIacono

A Roma, dopo un timido tentativo di lanciarsi in politica ben presto abortito, diede inizio alla sua carriera di giornalista sportivo: in tanti lo ricorderanno come voce della Rai negli incontri di pugilato andati in scena dagli anni Ottanta fino alle Olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012, con fortune alterne per i nostri colori. Sempre nella Capitale, nel 1988, venne avvicinato da una ragazza che si rivelò essere sua figlia Nathalie: per una ventina d’anni non ne aveva saputo nulla, e quell’incontro riportò a galla un passato mai dimenticato del tutto.
Grazie a quel nuovo improvviso legame, Nino riabbracciò a quasi trent’anni di distanza la sua Nadia, che a Roma aveva aperto una boutique di moda. Nel rivedersi, scoprirono che i sentimenti non si erano mei cancellati e, sul finire degli anni Novanta, consacrarono in matrimonio quell’amore ritrovato. A dimostrazione che non è mai troppo tardi per essere campioni, anche nella vita.

Fonte: msn.com

Giuseppe Mugnano

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Foto copertina: Keystone/Getty Images (via OneFootball)