Di Vaio:

Di Vaio: “Il mio idolo era Giordano, oggi mi rivedo in Immobile. Col Bologna vogliamo avvicinarci all’Europa, crediamo molto nei nostri giovani”

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Oggi pomeriggio Marco Di Vaio, responsabile scouting del Bologna, è stato ospite via Skype di Sky Sport 24 durante il programma #CasaSkySport. Nel corso della lunga chiacchierata, alla quale ha partecipato anche Massimo Oddo, l’ex bomber e capitano rossoblù ha passato in rassegna tutta la sua carriera, rispondendo alle domande dello studio e dei telespettatori e commentando il proprio percorso all’interno del club felsineo, arrivando fino alla stagione attuale. Ecco tutte le sue dichiarazioni, suddivise per argomenti principali:

Marco versione casalingo – «Considerando prima gli allenamenti e le partite, poi l’ufficio e i viaggi, non avevo mai passato tanto tempo in casa con mia moglie e le mie figlie. Come tutti quanti, in questo periodo io e la mia famiglia abbiamo impostato una quotidianità diversa, certe mattine mi sono ritrovato a fare lavori di casa che non avevo mai svolto in vita mia (ride, ndr). Al pomeriggio però mi rimetto a studiare, visiono partite di campionati che negli ultimi mesi ero riuscito a seguire meno a causa degli impegni con la squadra e conosco nuovi giocatori».

Montreal e lo sviluppo della MLS – «L’esperienza di vita fatta a Montreal è stata eccezionale, ho avuto la fortuna di scoprire un mondo molto diverso che ha aperto la mente a me e a tutta la mia famiglia. La città è molto viva, piena di locali e movida specialmente da maggio a settembre, visto che negli altri mesi fa piuttosto freddo, e c’è una grande cultura per quanto riguarda il cibo. Il calcio non è ancora lo stesso livello rispetto a quello europeo, ma è comunque una realtà che assieme al presidente Saputo monitoriamo con grande attenzione. L’ultimo viaggio di lavoro che ho fatto è stato in Colombia per il Preolimpico Under 23, e devo dire che i giocatori migliori che ho visto militano già in MLS».

Il giocatore più… – «Il giocatore più ‘matto’ che mi viene in mente non l’ho avuto come compagno, ma sono stato suo dirigente all’inizio del mio percorso al Bologna: naturalmente sto parlando di Gennaro Troianiello, che oltre a essere simpaticissimo è un vero uomo squadra e sa farsi voler bene dai compagni. Un ‘folle’ ma anche un vincente, come racconta la sua carriera. Il più forte che ho affrontato? Direi il mio amico Alessandro Nesta, talento straordinario. Forse però non è stato quello che mi ha messo più in difficoltà, da questo punto di vista citerei Cannavaro e Thuram ai tempi di Parma: so solo io le botte che prendevo in allenamento (ride, ndr), ma mi hanno aiutato tantissimo a crescere».

Il gol più bello – «Di gol belli per fortuna ne ho fatti diversi ma, per la cornice in cui l’ho realizzato e il minuto in cui è arrivato, credo che il migliore sia quello del novembre 2003 a San Siro in una gara contro il Milan, quando ancora vestivo la maglia della Juventus».

Gli anni a Salerno – «Alla Salernitana ho vissuto un’esperienza meravigliosa, in una città che vive di calcio come poche altre. Peccato sia culminata con una retrocessione che non meritavamo, vista la splendida rimonta compiuta. Oltre a me, quella realtà ha lanciato giovani molto interessanti come ad esempio Gattuso e Di Michele, diventati poi grandi giocatori. Se dovessi indicare il gol più bello segnato con la maglia granata, sceglierei quello al Pescara, un pallonetto in corsa d’esterno destro da lontano su lancio lungo di Vittorio Tosto».

Bologna, missione Europa – «Attualmente siamo a metà classifica, ma non distanti dalla zona Europa. Dunque il nostro obiettivo, se dovesse riprendere il campionato, sarebbe quello di lottare fino alla fine per arrivarci il più vicino possibile».

Progetto giovani – «Nell’ultimo mercato abbiamo acquistato sei o sette giocatori molto giovani, nati nel triennio tra il 1997 e il 1999, che si sono andati ad inserire in una squadra che già aveva fatto molto bene l’anno scorso dopo l’arrivo di Mihajlovic. Quando investi sui giovani sai che ci vorrà del tempo, perché non tutti esplodono subito come hanno fatto ad esempio Orsolini e Tomiyasu: Schouten sta crescendo e altri, come Svanberg e Skov Olsen, li attendiamo con la certezza che sapranno ritagliarsi il loro spazio. I nostri ragazzi poi possono contare sui consigli e l’aiuto dei giocatori di grande esperienza che abbiamo in rosa, vedi Poli, Da Costa, Palacio, Danilo e Medel».

Ripresa sì, ma con criterio – «Se ci fosse la possibilità di finire la stagione in sicurezza per tutti i giocatori, sarebbe perfetto anche ricominciare a giocare a giugno. Sarà difficile avere i tifosi allo stadio, ma penso che dar loro la possibilità di rivedere la loro squadra del cuore in TV sarebbe già molto bello. Fino ad allora, siamo vicini a tutto le realtà ospedaliere di Bologna, sono eccellenze che abbiamo imparato a conoscere anche a causa della degenza del mister, e per quanto in nostro potere cerchiamo di sostenerle».

Fine carriera, nessun rimpianto – «Io ho avuto una fortuna che non capita sempre, ovvero quella di cominciare la mia carriera come dirigente subito dopo aver smesso di giocare, il che non mi ha fatto pensare troppo a quello che stavo lasciando dietro di me. In quel periodo giocavo nei Montreal Impact e Saputo stava iniziando a mettere mano nel Bologna: dato che io avevo indossato la maglia rossoblù fino a poco prima e conoscevo bene la realtà, mi ha chiesto di entrare nella nuova società che stava nascendo. Lo ringrazierò sempre, sto facendo un’esperienza bellissima ed estremamente appagante».

Ieri, oggi e domani – «Da ragazzino il mio idolo era Bruno Giordano, ricordo benissimo di quando mio papà mi portava all’Olimpico a vedere quella Lazio e mi piace pensare di aver ereditato qualcosa da lui nel mio modo di giocare. Per quanto riguarda la Serie A attuale, invece, anche se abbiamo caratteristiche diverse, per certe cose mi rivedo in Immobile: apprezzo molto il suo modo di giocare, la forza che riesce a dare al suo tiro in corsa e come interpreta il ruolo di centravanti, partendo da lontano per attaccare la profondità».

Souvenir – «Come tanti altri miei colleghi sono ‘malato’ di maglie da calcio e ne ho collezionate tante, soprattutto di amici e compagni di squadra e Nazionale. Quella a cui sono più affezionato è sicuramente quella di Ronaldo ‘il Fenomeno’, ottenuta durate la semifinale di Champions League disputata con la Juve. Ci tengo anche a dire che collaboro con un’associazione (la onlus Bimbo Tu, ndr) che si occupa di raccogliere maglie e cimeli vari e li mette all’asta per scopi benefici, così da aiutare persone che hanno bisogno».

Vola, Aquila – «La Lazio di Inzaghi non è più una sorpresa, Lotito è stato molto bravo a confermarlo e ora sta raccogliendo i frutti della sua scelta. La squadra sta lottando per lo scudetto macinando vittoria dopo vittoria, il Bologna è stata una delle poche avversarie capaci di fermarla sul pareggio, nel match d’andata. È un progetto che nasce da lontano, anche grazie all’ottimo lavoro del d.s. Tare, e se questa stagione non dovesse riprendere sarebbe veramente un peccato non poter assistere alla sua volata finale».

Ricordi ducali – «Parma è sicuramente sul podio delle squadre che ho più nel cuore: parliamo di una realtà che aveva appena vinto la UEFA e la Coppa Italia e lottava per vincere il campionato, quindi ho potuto imparare tantissimo. Il club investì molto su di me, acquistandomi dalla Salernitana, e il fatto di potermi allenare con giocatori come Buffon e Cannavaro mi ha fatto crescere molto. La città era piccola ma come Salerno viveva di calcio, la società era all’avanguardia perché era una delle poche ad avere già il centro tecnico di proprietà, e per un giovane era davvero il posto ideale in cui maturare e affermarsi. In un anno e mezzo ho avuto la fortuna di fare tanti gol, e questo è successo perché c’è stata la pazienza di aspettarmi e credere in un’idea di calcio ben definita. Lì ho vinto una Supercoppa Italiana e una Coppa Italia, oltre a centrare due qualificazioni in Champions League, giocando sempre ad alti livelli. Nell’ultima stagione gli equilibri societari stavano già cambiando e abbiamo addirittura rischiato la B, ma alla fine ci siamo salvati e nel complesso non posso che considerare quegli anni come estremamente formativi».

In campo e dietro la scrivania – «A livello dirigenziale il calcio si vive in maniera molto diversa rispetto a quando si gioca: da calciatore pensi più a te stesso, da dirigente devi ricordarti sempre che il club è al di sopra di tutto e lavorare per il bene dell’intera realtà, tifosi compresi. Cambiare la mentalità è stata la più grande difficoltà che ho riscontrato nel passaggio tra i due ruoli, di contro ho un vantaggio nel relazionarmi coi calciatori grazie alle tante esperienze fatte in prima persona».

Foto: Damiano Fiorentini