Orsolini:

Orsolini: “A Bologna mi fanno sentire importante, Mihajlovic mi ha dato fiducia e continuità. E ci ha regalato un libro…”

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Nella giornata di ieri Riccardo Orsolini ha rilasciato una lunga e piacevole intervista ai ragazzi della community Cronache di spogliatoio. Tra passato, presente e futuro, ecco tutte le dichiarazioni del numero 7 del Bologna, suddivise per argomenti principali:

Pallone fermo – «Il calcio mi manca un casino. Non potendo uscire e fare attività fisica è un po’ dura, io non ho una mega villa con piscina e palestra (sorride, ndr): allenarsi è difficile ma mi adatto, in casa ho un tapis roulant per correre e svagare la mente».

Caratteristiche e qualità – «Giocare con entrambi i piedi è una dote naturale, fin dalle giovanili sono stato predisposto a tentare la giocata. Nel vivaio ero piccolino e facevo fatica, poi arrivando in Prima Squadra ho rafforzato il fisico, mi sono sviluppato ma sempre mantenendo le peculiarità che mi contraddistinguono. Sono un esterno mancino e in giro non ce ne sono tanti, soprattutto in Italia, questo può essere un piccolo vantaggio ma solo se continuo a lavorare sodo».

Lavoro sui muscoli – «Ho i quadricipiti sviluppati per natura, ho dovuto solo completarli. Faccio palestra per migliorare soprattutto la parte alta: il mio petto lo chiamo ‘petto di pollo’, sono un po’ esile (ride, ndr)».

Meno fumo, più arrosto – «Nell’ultimo periodo ho fatto uno step mentale che mi è servito ad avere maggiore sicurezza in campo, a sentirmi meno bellino e più concreto. In tal senso Mihajlovic mi ha aiutato molto, ora mi sento completamente cambiato come giocatore e come uomo rispetto a due anni fa. Però posso dare ancora di più, sono ancora giovane».

Responsabile ma senza ansia – «In quanto a stimoli sono abbastanza spremuto ogni giorno, tutti cercano di caricarmi e mi aiutano, dallo staff tecnico ai compagni. A Bologna sono felice perché mi stanno dando importanza, quella che mi serviva, mi piace sentire il peso della responsabilità. Penso di avere un pregio: non avverto la troppo la pressione, non ho ansia prima di giocare. Non so perché, me lo chiedono in tanti, mi dicono: “Prima delle partite ridi, non te ne frega niente”. No, non è così, sono sereno perché sto facendo il mestiere più bello del mondo, e se sono sereno allora riesco a dare il meglio di me».

Tradizioni da spogliatoio – «Quando ero a Bergamo ricordo che Papu Gomez faceva arrivare pacchi enormi di shampoo per tutti, mi pare li comprasse su Amazon. A Bologna quando c’è un evento che mi riguarda devo pagare la cena, altro che pasticcini (ride, ndr). Qui in genere per i compleanni portiamo la pizza, oppure qualcuno della società ci fa trovare una torta a pranzo. Anche nel caso di un esordio in Serie A o di un particolare obiettivo raggiunto, mettiamo in mezzo quel determinato giocatore e lo obblighiamo a offrirci la cena».

Dall’Ascoli alla Juventus – «Venivo da una piccola realtà, certo avevamo delle buone strutture ma non come a Torino. Mi sono trovato in un J Medical stracolmo di persone, dai giornalisti ai fotografi, e ho chiesto al mio procuratore: “Ma stanno qui per me, non è che c’è qualche altro giocatore a fare le visite?”. Vedere la loro organizzazione mi ha fatto effetto».

Impatto bianconero – «In allenamento non vedevo mai la palla, andavano il doppio, io arrivavo dalla Serie B e l’intensità era diversa. Mi sono trovato a disagio, non ne beccavo mezza e mi dicevo: “Ma come faccio?”. Lì ho capito di non essere ancora pronto per quel palcoscenico, dovevo mettermi d’impegno per colmare quel gap. Sono convinto che fosse questione di ritmo: una volta acquisito, tirando fuori le tue qualità riesci a confrontarti con campioni del genere».

Analisi degli errori – «Le partite me le riguardo sempre, quando vanno male anche più di una volta, cercando di capire dove ho sbagliato e dove posso migliorare. Il nostro staff è formato da grandi persone che vanno proprio a lavorare su questo, abbiamo il match analyst che taglia delle clip individuali per farcele studiare, è fondamentale».

Grazie Sinisa – «Venivo da una mezza stagione in cui non giocavo quasi mai titolare e mi avevano cambiato ruolo, facevo la mezzala. Con Mihajlovic mi sono trovato bene fin da subito, appena arrivato mi ha buttato dentro da titolare come esterno nel 4-3-3, dandomi fiducia e continuità. Da lì in poi ho potuto esprimere le mie caratteristiche e sono arrivate sia le prestazioni che i gol».

Altri possibili ruoli – «In caso di necessità posso fare tutto, stare dietro gli attaccanti o giocare da seconda punta. Chiaramente all’inizio farei fatica, dovrei capire bene i movimenti e i tempi di gioco, come caratteristica principale sono appunto un esterno a tutta fascia».

Javier Zanetti il top – «La sua maglia mi è stata consegnata a casa dopo l’intervista alla Gazzetta dello Sport in cui dissi che ancora non era arrivata (sorride, ndr). L’ho appesa in camera, al di là dei colori è un cimelio che mi rende orgoglioso. Zanetti è stato sempre un punto di riferimento, anche da piccolino, per la persona e per la carriera: un idolo».

Un libro particolare – «Ne sto leggendo uno che il mister ci ha regalato lo scorso anno, si chiama Niente teste di cazzo (ride, ndr). È molto interessante, ve lo consiglio».

Rapporto coi tifosi – «Il loro affetto è appagante, più dei soldi. Rimanere impresso in una persona, sentirsi chiamare addirittura ‘idolo’, è un’emozione indescrivibile. Sei un punto di riferimento per chi ti segue, sai che qualcuno può trarre ispirazione da te, dalla tua tenacia, dal sacrificio, dalla voglia di lottare e non mollare mai, per arrivare su un palcoscenico importante. Non solo nel calcio, ma anche e soprattutto nella vita».

Foto: bolognafc.it