Da Bologna l’ennesima lezione: i nomi non sempre contano
Ci sarebbe tanto da dire sulla stagione del Bologna di Vincenzo Italiano. Si potrebbe tornare indietro nel tempo, ripensando all’estate, ai dubbi, ai timori, alle paure, oppure si può arrivare a riflettere sugli ultimi risultati, sul senso di una stagione che, alla fine, verrà comunque ricordata. In senso positivo, ovviamente. Più o meno bella e sorprendente dell’ultima? Beh, questo è un gioco soggettivo da lasciare ai tifosi. Perché i ricordi sono personali, così come le sensazioni. Restando in superficie, invece, si può dire con estrema tranquillità, in quanto dato oggettivo, che il BFC ha dimostrato ancora una volta quanto nel calcio i nomi facciano sì la differenza, ma non sempre. E non in valore assoluto. Si parte sempre dalle idee di un club per arrivare ai nomi, ai giocatori. Altrimenti, senza Zirkzee, Saelemaekers e Calafiori, ma soprattutto senza Thiago Motta, i tifosi rossoblù avrebbero dovuto accettare di vivere una stagione di affanni. In effetti lo è stata soprattutto all’inizio, tra il rendimento altalenante in campionato e i primi risultati Champions League non positivi. Poi però il Bologna è cresciuto e il lavoro di Italiano ha cominciato a dare i suoi frutti. Oggi i sospetti sono certezze, al di là di come finirà la stagione, con la finale di Coppa Italia contro il Milan e l’inseguimento ad un’altra qualificazione in Champions League con la rincorsa al quarto posto. Già essere vivi in due competizioni significa tanto per il Bologna. Lo è ancora di più ripensando, appunto, ai dubbi estivi, spazzati via col tempo. Dal tempo.
L’allenatore giusto per la stagione delle conferme
I risultati di calcio non sono mai frutto del caso. Può accedere a volte ma non sempre. Il Bologna è riuscito a restare in alto grazie alla programmazione del suo club. Innanzitutto è stata vincente la scelta di puntare su Italiano come erede di Motta. Allenatori diversi, ma anche simili. Amanti del bel gioco. Un calcio, il loro, organizzato, moderno, corale. Fatto di tocchi di prima, possesso palla, grande organizzazione tattica. Per questo, dopo l’iniziale e naturale periodo di adattamento, la squadra ha cominciato a girare e ha poi cominciato a giocare bene quasi per inerzia. Per qualcuno anche meglio dello scorso anno con l’incombenza del triplice impegno, dell’andare in campo ogni tre giorni, con pressioni inedite per via del percorso europeo. Eppure il BFC è andato in crescendo ed è stato osannato da tutti per risultati e interpretazione calcistica: applausi a scena aperta. Gran merito alla proprietà Saputo, alla dirigenza e appunto a mister Italiano. Che si è confermato dopo gli anni alla Fiorentina e le tre finali conquistate, seppur perse.
I singoli dipendono sempre dal gruppo
Uno dei grandi meriti di Italiano è stato quello di valorizzare e responsabilizzare ancora di più il gruppo. Già, perché fino ad un anno fa si sospettava che il rendimento elevato del Bologna dipendesse soprattutto dallo strapotere di Calafiori, dai guizzi di Saelemaekers o dal sontuoso gioco spalle alla porta di Zirkzee, dalla sua capacità di calamitare ogni pallone favorendo l’inserimento dei vari Fabbian oppure Orsolini. Tutto giusto, eppure i rossoblù si sono ripetuti anche senza di loro. Sembravano insostituibili, invece la squadra è cresciuta ancor di più diventando sempre più forte. Dunque i singoli contano, ma sempre legandoli al gruppo, al collettivo. Ecco perché i meriti vanno distribuiti tra i vari Beukema, ormai leader difensivo, Freuler, faro di centrocampo, il solito ‘Orso’ e ovviamente Castro, rivelazione in attacco dopo le prime positive impressioni al suo arrivo in Italia. Tutti dal rendimento elevato grazie al gioco di Italiano, che è entrato prima nella testa dei suoi ragazzi e poi nei loro piedi rendendo un piacere gli allenamenti e poi le partite. La lezione di quest’anno è che anche in caso di nuove cessioni, che ci saranno perché fa parte della strategia dirigenziale non solo del Bologna ma di quasi tutti i club, la squadra resterà ai vertici perché alla base ci saranno sempre programmazione e pianificazione. Ogni scelta sarà oculata e avrà un senso, sia sul piano tecnico-tattico che su quello finanziario.
Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)