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Accardi: “Mbaye ha dimostrato di valere e si gode la coppa, via a fine anno se le cose non cambiano. Il Bologna ha i mezzi per rialzarsi ma deve ritrovare il sorriso”

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Ibrahima Mbaye, vincitore della Coppa d’Africa col suo Senegal, è il secondo giocatore nella storia del Bologna ad aver alzato il prestigioso trofeo, dopo che il camerunese Pierre Wome ci era riuscito per ben due volte nel 2000 e 2002. Per comprendere meglio la portata di tale conquista, oggi abbiamo intervistato il suo papà adottivo nonché agente Beppe Accardi, che ci ha anche svelato alcuni retroscena di mercato e detto la sua sul difficile periodo attraversato dai rossoblù. Senza dimenticare il ruolo dei procuratori nel mondo del calcio, sempre al confine tra luci e ombre.

Beppe, la prima domanda è ovviamente su Mbaye, fresco campione d’Africa: cosa ti sta raccontando dal Senegal? «Ibrahima al momento è su di giri, come è normale che sia. Il Senegal è un Paese in delirio, la gente sta festeggiando da giorni e tutta la squadra è stata ricevuta dal presidente della Repubblica, che gli ha inviato un aereo privato in Camerun per riportarli in patria. Riuscire a far parte di un gruppo simile e compiere qualcosa di storico, giocando anche da titolare o comunque subentrando in partite importanti, è una sensazione decisamente esagerata e difficile anche solo da gestire».

A Bologna, invece, situazione diversa per lui: quando è stato assente De Silvestri, Mihajlovic ha adattato lì Skov Olsen o addirittura Orsolini. Ibrahima come l’ha presa? «Mbaye ha una grande qualità: sa soffrire in silenzio. E l’ha dimostrato allenandosi bene e facendosi trovare sempre pronto anche se è stato utilizzato davvero pochissimo, non mollando mai nonostante la comprensibile delusione. Ibra in carriera ha anche fatto il braccetto (il difensore laterale di una difesa a tre, ndr), e in generale ci è rimasto male per la poca considerazione ricevuta da Mihajlovic».

In estate era arrivata qualche offerta dall’estero ma alla fine siete rimasti, a gennaio si è fatta avanti qualche squadra? «Di sicuro, alla luce della scarsa visibilità, a fine stagione cercheremo di trovare la giusta logica per andare via, perché l’allenatore non sembra voler cambiare idea. Già in estate, con offerte da Germania e Turchia, avremmo potuto salutare, ma non si è trovata la quadra perché ciò avvenisse. Anche durante quest’ultima sessione ci sono stati dei sondaggi, e ci sono tuttora dai campionati il cui calciomercato è ancora aperto, però la Coppa d’Africa ha complicato un po’ le cose: i club cercano giocatori pronti subito e le condizioni fisiche al ritorno da un torneo di quel tipo rappresentano un’incognita».

Ricordiamo inoltre che il contratto di Mbaye scade nel 2023. «E la nostra posizione a riguardo l’abbiamo ribadita alla società: se a fine campionato dovesse arrivare un altro tecnico, faremmo le opportune valutazioni a bocce ferme anche in base a quello. Per ora ci godiamo la Coppa d’Africa, che è la cosa più importante: Ibrahima ha dimostrato di poter stare in un gruppo pieno di campioni, andando a sostituire elementi come Sarr e Koulibaly, indice di un giocatore di livello internazionale».

I rossoblù non stanno attraversando il periodo più felice del loro campionato: secondo te quale può essere la chiave per uscire da questa situazione? «Per capirlo bisognerebbe vivere lo spogliatoio e la quotidianità di Casteldebole: da questo lato Ibra non mi racconta nulla, come giusto che sia. Durante un campionato ci sono tanti fattori da tenere in considerazione, ma certi periodi e problemi si possono superare e risolvere solo con la coesione del gruppo, che deve compattarsi e muoversi come un unico uomo. E poi all’inizio il Bologna giocava col sorriso, mentre nell’ultimo periodo mi pare lo abbia un po’ perso: se lo dovesse ritrovare, sono sicuro che torneranno pure i risultati».

Sul mercato il BFC ha sostituito l’infortunato Dominguez con Aebischer e aggiunto il giovane Kasius per la fascia destra: credi sia stato fatto abbastanza o la coperta rimane corta? «Sono convinto che il Bologna, all’interno del suo gruppo, abbia energie e soluzioni per completare nel modo migliore la stagione. Semmai quest’anno ci sono state alcune situazioni delicate che si sono risolte solamente in corso d’opera, come quelle di Medel e Orsolini, che sembravano in partenza e si sono via via rivelati centrali nello scacchiere di Mihajlovic: col senno di poi, meno male che sono rimasti…».

Facendo parte da anni dell’ambiente, cosa nei pensi dei procuratori che portano in scadenza i loro assistiti per poi svincolarli a zero? «Questa è una sorta di barzelletta. Se un procuratore porta a scadenza un giocatore importante, significa che a monte c’è stato un errore: le società che sanno programmare con un contratto di cinque anni, già dopo due sono pronte a rimodularlo e ad offrire il rinnovo. Al di là di ciò, non sono dinamiche create direttamente dai procuratori, bensì le condizioni del calcio moderno, coi presidenti che ti fanno proposte e i direttori sportivi che ti chiamano e ne fanno altre. Una volta c’era una sorta di ‘patto’ per cui non si poteva contattare il calciatore di un altro club, o quantomeno lo si mascherava bene, mentre oggi numerose società agiscono in maniera spudorata. Per quanto riguarda gli agenti, si è ormai oltrepassato il limite con delle commissioni esagerate: ma finché qualcuno sarà disposto a garantirle, qualcun altro le chiederà… Un’ulteriore piaga nei trasferimenti è rappresentata dagli intermediari, che fanno lievitare i prezzi e spesso dicono anche la loro sugli spostamenti dei giocatori. Un tempo era tutto più semplice, perché si parlava col d.s. o al massimo col presidente, non con queste figure di contorno che col mondo del calcio hanno poco a che fare».

Lorenzo Bignami

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