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Aebischer: “Voglio diventare importante per il Bologna e tornare in Europa con questa maglia. La squadra è forte ma serve continuità, ci dispiace aver deluso i tifosi”

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Dentro una storia lunga quasi 113 anni, c’è anche un filo biancorosso che unisce il Bologna del 1909 a quello del 2022. Il biancorosso della Svizzera, patria del primo presidente ‒ e nel contempo attaccante ‒ della società Louis Rauch e dell’attuale numero 20 Michel Aebischer, nativo anche lui di Friburgo (da non confondere con l’omonima città tedesca). Prelevato in prestito con obbligo di riscatto a gennaio dallo Young Boys, club di Berna con cui aveva collezionato 194 presenze, 15 gol e 35 assist tra campionato, coppa elvetica, Champions ed Europa League dal 2016 al 2021, il duttile centrocampista classe 1997 ha iniziato solo da poco a trovare spazio in maglia rossoblù, dopo un periodo di adattamento al nostro calcio più lungo del previsto. In attesa di scoprire a pieno le sue doti sul campo, dove la squadra di Sinisa Mihajlovic sta concludendo un percorso fatto di troppi alti e bassi, oggi l’abbiamo intervistato a Casteldebole, guardando al presente ma soprattutto al futuro: tra BFC e Nazionale, nella prossima stagione Aebischer dovrà recitare un ruolo da protagonista.

Michel, cos’è successo domenica scorsa contro il Sassuolo? «Il gol preso da calcio d’angolo, sicuramente evitabile, ci ha spiazzato, fin lì non avevamo creato grosse occasioni ma non stavamo facendo male. A quel punto il nostro morale è calato e la partita è diventata difficile, anche per merito di un ottimo Sassuolo, e non siamo più riusciti a rimetterci in carreggiata».

Una volta ritrovato in gruppo il mister, può essere che inconsciamente vi siate un po’ rilassati dopo il grande sforzo psicofisico profuso in aprile? «È possibile ma fatico a credere che sia andata così, perché quando scendi in campo ci tieni a vincere sempre e non accetti la sconfitta. Diciamo che forse la particolare situazione di classifica in cui ci siamo ritrovati, già salvi ma troppo lontani dai piazzamenti validi per l’Europa, unita alle tante energie spese in aprile per fronteggiare e fermare le big del campionato, senza volerlo ci ha fatto un po’ rallentare».

Per te e gli altri ragazzi che nel 2019 non c’erano, quanto è stato difficile il periodo vissuto con Mihajlovic lontano? «Personalmente non è stato semplice soprattutto sul piano mentale, perché ti rendi conto che una persona molto vicina a te ha la leucemia e sta combattendo per la sua vita, e a quel punto anche il calcio passa in secondo piano, capisci che ci sono cose più importanti. Però ci siamo fatti forza e abbiamo cercato di dare il massimo e anche oltre per regalare qualche gioia al mister e renderlo orgoglioso di noi, e per diverse settimane direi che ci siamo riusciti».

Com’è il clima nello spogliatoio in vista dell’ultima partita? «Direi positivo, perché prima di andare in vacanza e a maggior ragione dopo le recenti sconfitte ci teniamo a chiudere bene il campionato a Genova, dimostrando il nostro reale valore. Che non è quello delle ultime due gare».

Credi che questa squadra, in cui tu sei entrato a fine gennaio, avesse i mezzi per stare fra le prime dieci? «Assolutamente sì, e c’è rammarico per non esserci riusciti. Contro Milan, Juventus, Inter e Roma non abbiamo solo ottenuto buoni risultati, abbiamo anche giocato bene e messo in mostra qualità importanti a livello sia di singoli che di collettivo: in futuro dovremo tirarle fuori con più continuità, solo così potremo scalare posizioni in classifica».

Come procede il tuo ambientamento nel Bologna e in Serie A? Ti aspettavi di trovare più minutaggio? «Giorno dopo giorno va sempre meglio. All’inizio è stato difficile per via della nuova realtà e di un calcio molto diverso rispetto a quello svizzero, ma grazie all’aiuto dei compagni e dello staff ho fatto dei passi avanti e continuo a farne. Anche con l’italiano, che già capivo e ora comincio un po’ a parlare. Riguardo al mio impiego, speravo di giocare un po’ di più ma è comprensibile, tutti vorrebbero giocare sempre (sorride, ndr). Essendo appena arrivato in Serie A non mi posso lamentare: tre volte sono stato schierato titolare e otto volte sono subentrato, come inizio non è affatto male».

Con quali compagni hai legato di più? «In particolare con altri ragazzi stranieri come ad esempio Svanberg, Dijks, Hickey e Binks, siamo spesso insieme e ci troviamo bene, anche perché più o meno abbiamo un’età simile. Ma devo dire che in generale questo è un gruppo fantastico ed è nato un bel feeling con tutti».

Per caratteristiche sembri il giusto mix tra un incursore come Svanberg e un ‘geometra’ come Schouten: tu come ti vedi e in che posizione pensi di poter rendere al meglio? «Credo che la definizione di centrocampista box to box sia quella che mi descrive meglio: una volta vinto il contrasto e recuperato il pallone, mi piace ribaltare subito il fronte portandomi in avanti per arrivare al tiro o fornire un assist. Come ruolo non mi sento un mediano ma una mezzala, di base sono un giocatore più offensivo che difensivo e quella è la posizione che preferisco».

Quali sono i principali aspetti in cui pensi di dover migliorare? «C’è sempre da migliorare, non bisogna mai accontentarsi. Se prima mi concentravo più sull’aspetto fisico, al fine di acquisire maggior forza e solidità, adesso guardo in primis al lato tecnico: punto soprattutto a perfezionare la qualità dei passaggi e delle conclusioni, così da rendermi più pericoloso negli ultimi venti metri».

Se potessi ‘rubare’ una dote ai tuoi modelli Toni Kroos e Granit Xhaka, quale sceglieresti? «Beh, a Kroos senza dubbio l’abilità nei passaggi: di solito su cento palloni che tocca ne perde uno, forse (sorride, ndr). Del mio connazionale Xhaka amo in particolare la mentalità: lavora ogni giorno per essere il migliore nel suo ruolo e non prende neanche in considerazione la sconfitta, vuole sempre vincere, che si tratti di una finale o di una partitella in allenamento».

La stagione 2022/23 si prospetta molto importante e stimolante per te: dovrai importi in maglia rossoblù e conquistarti un posto in Nazionale per i Mondiali in Qatar… «Le due cose sono strettamente collegate. Innanzitutto devo guadagnarmi una maglia da titolare qui e disputare quante più partite possibili, diventando un giocatore importante per la squadra e il club. Così facendo avrò più chance di entrare nella rosa della Svizzera per il Mondiale, un’esperienza che ovviamente vorrei vivere. Una cosa alla volta: intanto penso a fare una buona preparazione estiva col Bologna, fondamentale per affrontare al meglio la nuova stagione».

È la tua prima esperienza ‘lontano’ dalla Svizzera: la nostalgia di casa si fa sentire? Come ti trovi qui in città? «Non avverto troppo la mancanza di casa, anche perché la Svizzera è vicina e so che in poche ore posso essere lì, un paio di volte sono già tornato sfruttando i giorni liberi concessi dal mister. A Bologna mi trovo benissimo, vivo in zona centro e la città mi piace davvero molto. Così come la cucina italiana, manco a dirlo (sorride, ndr)».

Il calciatore Aebischer lo stiamo imparando a conoscere, raccontaci invece qualcosa dell’uomo Michel fuori dal campo… «So che ci si aspettano sempre rivelazioni particolari da noi calciatori, ma io sono un ragazzo normalissimo: quando non gioco a calcio, guardo il calcio, tanto calcio (ride, ndr). A parte questo, amo passare il tempo con la mia ragazza e gli amici, uscire per una passeggiata o per cenare in un buon ristorante. E mi prendo cura dei miei adorati gatti. Insomma, cose semplici ma che mi fanno stare bene».

Sei il giocatore della rosa con più presenze in Champions ed Europa League: possiamo dire che il tuo obiettivo è tornare a giocare le coppe col Bologna? «Certo che sì, perché le notti europee hanno un fascino particolare e sono indimenticabili. È vero, in Serie A si affrontano top club come Inter, Juventus e Milan, e quelle sfide possono essere equiparate a match internazionali, ma giocare in giro per l’Europa e vivere l’atmosfera delle coppe è qualcosa di unico che spero di tornare a vivere presto con questa maglia».

Una curiosità: sapevi che lo svizzero Louis Rauch, primo presidente del BFC, era nativo di Friburgo come te e militò nell’FC Fribourg, il club dove hai svolto una parte delle giovanili? «No, non lo sapevo, è molto bella questa cosa! Ed è anche una responsabilità in più (sorride, ndr)».

Concludiamo con un saluto ai tifosi, che anche domenica vi hanno incitato e applaudito nonostante la brutta sconfitta. «Senza retorica, sono incredibili. Non ci lasciano mai soli, al Dall’Ara e in trasferta, da Venezia a Salerno. Domenica li abbiamo delusi e credimi, siamo realmente dispiaciuti, in futuro non dovrà più accadere. Adesso ci teniamo tanto a chiudere la stagione regalandogli un sorriso: andiamo a Genova per questo».

Simone Minghinelli

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Foto copertina: Getty Images (via OneFootball)