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Bellucci: “A Gazzoni bastarono due minuti per convincermi. Mihajlovic è per i suoi ragazzi quello che Mazzone fu per me”

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La bellezza di 77 reti in 209 presenze, una bruciante quanto nebulosa retrocessione in Serie B all’alba di Calciopoli e, nel suo ultimo anno in maglia rossoblù, anche la fascia da capitano. Sotto le Due Torri, inoltre, ha segnato «il gol più bello della sua carriera», ha avuto il privilegio di avere Giuseppe Gazzoni Frascara come presidente e ha visto nascere due dei suoi tre figli. Oggi abbiamo avuto il piacere di chiacchierare al telefono con Claudio Bellucci, e come avrete intuito gli argomenti non sono mancati: dal Bologna che ha conosciuto a quello attuale, da Joey Saputo a Sinisa Mihajlovic, dall’eventuale ripresa del campionato alla sua carriera da allenatore. Ecco cosa ci ha raccontato…

Ciao Claudio, come stai vivendo questo particolarissimo momento storico? «Per tutto il periodo dell’emergenza sono rimasto a Roma con la mia famiglia, ora sembra che la situazione stia lentamente volgendo al meglio ma non è ancora finita. Dal 18 maggio avremo qualche libertà in più e apriranno alcuni negozi, ma devo essere sincero, l’idea di tornare da subito in un ristorante o dal barbiere non mi fa sentire troppo tranquillo, sono un tipo un po’ pauroso (ride, ndr)».

A livello professionale, invece, sei in cerca di una nuova esperienza dopo quella in Serie C? «Sì, dopo aver allenato l’Albissola ho accettato l’offerta di mister Gianni De Biasi, che mi ha proposto di fargli da vice, ma attualmente siamo senza squadra. Abbiamo già declinato alcune offerte perché non c’erano le condizioni per procedere, mentre recentemente siamo stati ad un passo dal sederci sulla panchina della Nazionale iraniana, poi però l’accordo è saltato all’ultimo momento».

Ti riporto a Bologna e ti faccio fare un salto nel passato: qual è il tuo ricordo di Giuseppe Gazzoni? «Il presidente era un uomo d’altri tempi, una persona eccezionale. Mi ha concesso la possibilità di giocare nel calcio che conta, e con lui ho sempre avuto un grandissimo rapporto. Quello che si è detto di lui in questi giorni è tutto vero, aggiungo solo un aneddoto personale. Quando è nata la trattativa con il Bologna, io e il mio procuratore siamo andati nell’ufficio di Gazzoni per discuterne. Lo abbiamo trovato ad accoglierci sulla porta, un gesto da vero signore che è bastato a convincermi: la trattativa sarà poi durata sì e no due minuti. Io ho avuto la possibilità e la fortuna di avere come presidenti anche Paolo Mantovani e Riccardo Garrone, pure loro purtroppo non ci sono più ma erano della stessa pasta. Non voglio dire che oggi non esistano più uomini così, ma di certo sono rari».

Uno di questi uomini rari potrebbe essere Joey Saputo? «Non lo conosco di persona ma mi dà l’idea di essere un uomo molto equilibrato in un mondo che ‘prende fuoco’ facilmente. Sai com’è nel calcio, se un qualsiasi presidente promette di vincere lo scudetto in cinque anni e al terzo non è nemmeno in zona Europa League, parte la contestazione. Lui invece è riuscito a dare alla società e alla piazza una sicurezza che prima non c’era: ad esempio, grazie a Bigon e Di Vaio ho avuto la possibilità di visitare il nuovo centro sportivo, e devo dire che è tra le strutture migliori d’Italia. Ha investito tanto, ma nonostante questo mi sembra un patron che non mette una pressione smodata alla squadra. Ha fatto di più, ha riacceso la passione dei tifosi per i colori rossoblù, al resto ci ha pensato la vicenda umana di Mihajlovic, che ha contribuito a cementare definitivamente l’ambiente».

Certamente il Bologna si è trovato a vivere una situazione senza precedenti… «Esatto, e forse a impressionarmi di più in tutta questa vicenda sono stati i calciatori. Non è per niente facile, in una situazione del genere, raccogliere i risultati che hanno raccolto loro, al netto del grande staff di cui comunque dispone il Bologna. De Leo l’ho conosciuto personalmente ed è una persona eccezionale, è equilibrato ma allo stesso tempo trasmette grande trasporto quando si presenta in conferenza stampa. La passione che lui, Sinisa e tutti gli altri collaboratori hanno acceso mi ricorda l’amore che Bologna ha provato per Ulivieri e Mazzone, complice anche una squadra che quando gioca nel nome del suo mister sembra invincibile».

Al di là dell’aspetto umano, il professionista Mihajlovic ti piace? «Sì, perché basa il suo lavoro sul presupposto giusto, ovvero sulla forza del gruppo e sulla cura della personalità di ognuno. Puoi anche essere un allenatore preparatissimo, ma se non sei convincente le briglie del gruppo non le tieni, e ti assicuro che di mister così ne ho avuti. Il bravo allenatore deve riuscire a trovare sempre nuove argomentazioni e nuovi stimoli per i suoi calciatori, e soprattutto deve saper coinvolgere tutti, anche quelli che giocano meno. La carriera di Sinisa parla da sé, prima di tornare al Bologna aveva allenato Sampdoria, Milan e Torino ed era stato vice di Mancini, qualcosa vorrà pur dire. L’hanno scorso restando in Serie A ha fatto un miracolo, vincendo ma soprattutto convincendo. Anche quest’anno, persino nelle sconfitte, il Bologna ha quasi sempre espresso un ottimo calcio, e sai perché questo avviene? Perché ormai i giocatori darebbero tutto per lui, sono arrivati al punto in cui si getterebbero nel fuoco in suo nome. Mi ricorda quello che provavo io per Mazzone: se un giorno mi avesse chiesto di giocare in porta, lo avrei fatto senza battere ciglio».

Emilio De Leo non è la sola vecchia conoscenza che hai nell’attuale Bologna. «Sono molto contento di come sta giocando Poli, perché l’ho letteralmente visto crescere. È tornato a giocare come sa, si spende per la squadra e in campo ha gli occhi iniettati di sangue. Ora è persino diventato capitano, tra l’altro proprio di una squadra di cui lo sono stato anche io, per cui non posso che esserne orgoglioso».

Un altro giocatore che non smette mai di sorprendere è il ‘giovanotto’ argentino là davanti… «Palacio è un giocatore incredibile, grazie alle sue caratteristiche può ricoprire tutti i ruoli d’attacco, potrebbe essere persino un buon rifinitore. Per l’età che ha, attacca ancora la profondità in maniera impressionante, è un grande professionista e di certo è aiutato da un ambiente come Bologna, che ti porta ad avere entusiasmo perdonandoti la partita in cui magari hai giocato così così. Se per un ragazzino di vent’anni non sono da esempio giocatori come lui e Quagliarella, vista la continuità e la mole di lavoro che si sobbarcano per la squadra, chi dovrebbe esserlo? I punti di riferimento non possono essere solo Messi e Cristiano Ronaldo, sarebbe come se io volessi imparare ad andare in moto guardando esclusivamente i video di Valentino Rossi. A tal proposito, posso raccontarti un aneddoto su Ulivieri?».

Molto volentieri. «Eravamo a Napoli, un giorno a fine allenamento mi ha detto che mi avrebbe fatto avere una videocassetta che conteneva i movimenti di un giocatore che sapeva attaccare benissimo il primo palo. Pensai che sarebbe arrivato con un video di Van Basten, Careca o Romario, invece l’indomani mi consegnò una cassetta con le registrazioni di Totò De Vitis. Capisci? Come esempio vanno presi giocatori del genere, che lavorano costantemente e contribuiscono a far girare bene la squadra. Diffido dei nuovi talenti che dicono di ispirarsi ai fenomeni più assoluti, li aspetto sempre alla prova del campo, dove devono dimostrare per prima cosa di sapersi mettere a disposizione del gruppo. Per chiudere il cerchio, Palacio mi sembra proprio uno di quei giocatori che i più giovani dovrebbero seguire, è un tipo silenzioso che parla coi fatti e che spinge un ventenne a chiedersi: “Se lui corre così tanto e ha il doppio dei miei anni, perché io non dovrei farlo?».

In un’ottica più generale, a cosa credi possa ambire il Bologna nel prossimo futuro? «Spero si completi la ricostruzione iniziata da Saputo, che è già a buon punto, e poi mi auguro che cominci una cavalcata come quelle di Ulivieri o Mazzone. Escluse le big, ad oggi Bologna è una delle mete più ambite dai calciatori, perché al pari di Sampdoria e Parma è una squadra che ti permette di crescere al meglio o di allungarti la carriera, se sei già più maturo. Non a caso, in questi tre club militano tre giocatori a cui i giovani faranno molta fatica a prendere il posto, come Palacio, Quagliarella e Bruno Alves».

Credi che la stagione 2019-2020 terminerà e i verdetti arriveranno dal campo? «Di sicuro lo spero, non mi piacciono le decisioni d’ufficio. Inoltre, in Germania stanno per ripartire e anche la Liga preme per ricominciare, e la portata del contagio di Italia e Spagna non mi sembra troppo diversa. Certamente andranno prese tutte le precauzioni del caso, la sicurezza andrà messa al primo posto e i medici dovranno avere un’importante voce in capitolo, ma non vedo perché non si dovrebbe ricominciare. Escluderei anche l’ipotesi playoff e playout, non mi piace l’idea che la quarta in classifica possa giocarsi lo scudetto, né che una squadra come il Bologna, matematicamente ancora in lizza per l’Europa League, venga esclusa dalla corsa. Credo che la soluzione migliore sia quella di giocare in estate e concludere la stagione. E se ci dovesse essere un intervallo molto breve tra la fine di questo campionato e l’inizio del prossimo, non mi sembrerebbe un dramma, si potrebbe compensare allungando leggermente la sosta invernale».

In chiusura, toglimi una curiosità: ho ancora negli occhi il tuo gol in rovesciata contro l’Hellas del gennaio 2006, è il più bello della tua carriera? «Assolutamente sì, per il momento della partita in cui è arrivato, perché ha dato la vittoria al Bologna e poi semplicemente perché di gol così, in carriera, ne segni uno soltanto».

Fabio Cassanelli

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