Casarini: “Dalla promozione del 2015 al quarto posto, Saputo sta chiudendo il cerchio. Un onore aver vestito la maglia del Bologna, non vedo l’ora di tornare al Dall’Ara”

Casarini: “Dalla promozione del 2015 al quarto posto, Saputo sta chiudendo il cerchio. Un onore aver vestito la maglia del Bologna, non vedo l’ora di tornare al Dall’Ara”

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Quello tra il Bologna e Federico Casarini, carpigiano classe 1989, non è un legame qualsiasi. Cresciuto nel vivaio del club, il grintoso centrocampista ha esordito in Serie A nel 2009 proprio con la maglia rossoblù, quando sulla panchina felsinea sedeva per la prima volta l’indimenticabile Sinisa Mihajlovic. Arrivato anche a vestire la fascia da capitano, collezionando in totale 108 presenze, un gol e una determinante promozione nel massimo campionato, ‘Fede’ non ha mai scordato tutti quegli anni trascorsi sotto le Due Torri: oggi indossa la casacca rosso corallo della Turris, società di Torre del Greco che milita in Serie C, e noi abbiamo approfittato della sua gentilezza per una bella chiacchierata tra passato, presente e futuro, personale e del BFC.

Federico, è un piacere ritrovarti: com’è nata l’opportunità Turris e come procede il campionato? «Ho iniziato la stagione nell’Avellino, club in cui militavo dall’estate del 2022, ma a gennaio la società ha fatto scelte diverse e allora mi sono dovuto cercare un’altra sistemazione: avevo due-tre proposte sul tavolo e ho optato per la Turris, ritenendo che tra le squadre invischiate nella parte bassa della classifica fosse quella con maggiori speranze di salvarsi. Abbiamo appena battuto il Catania, ora distante solo tre punti in classifica, e stiamo lottando per salvarci direttamente senza passare dai playout».

Oltre 400 presenze fra i professionisti, di cui 300 divise tra A e B più un centinaio in C: soddisfatto della tua carriera finora? «Sì, perché più vado avanti con gli anni e più capisco come non sia affatto semplice e scontato restare a certi livelli. È vero che il mondo della Serie C è fatto di tante squadre, dunque le opportunità sono molteplici, però oggi si tende a privilegiare la ‘modalità risparmio’: priorità ai giocatori più giovani, magari appena usciti dalla Primavera e con costi inferiori. Io però mi sono sempre sentito apprezzato e anche adesso è così, sono contento delle scelte fatte e non cambierei nulla del mio percorso».

Tra la stagione 2010/11 con Malesani e quella 2014/15 col ritorno in Serie A, a quale ti senti maggiormente legato? «Vincere un campionato a Bologna è stato qualcosa di unico, anche per come è arrivata quella promozione, al termine di una stagione intensa e ricca di eventi ed emozioni: un club appena retrocesso che sul piano economico non sapeva bene come procedere, una rosa assemblata in poco tempo praticamente senza risorse, e poi per fortuna l’arrivo di Saputo a garantire stabilità. Alla fine obiettivo raggiunto, ma quanta fatica… Poi certo, la Serie A mi ha regalato tantissime emozioni indelebili, ma l’annata in B l’ho sentita particolarmente e vissuta più da protagonista».

Compatibilmente coi tuoi impegni, riesci a seguire le vicende di questo splendido Bologna? «Impossibile non farlo, oltre al tifo è proprio una stagione speciale. Nel corso degli ultimi anni sono state poste basi solide a livello dirigenziale e di campo, poi è evidente che le recenti scelte prima di Sartori e poi di Motta abbiano fatto la differenza: dopo l’esonero di un allenatore e una persona importante come Mihajlovic, il Bologna non è andato su una ‘certezza’ ma ha optato per un profilo giovane con tanta voglia di dimostrare. E Thiago ha dimostrato eccome, col gioco e i risultati che stiamo vedendo da un anno e mezzo: una grande vittoria della società».

Il sogno Champions è da maneggiare con cura? «Arrivati a questo punto è logico che tutti sperino nella Champions League: perché non provarci? Già tornare in Europa dopo oltre vent’anni sarebbe un bellissimo traguardo, ma i risultati dicono che c’è la concreta possibilità di giocarsela fino in fondo per il quarto-quinto posto, il Bologna non è lì per caso. E l’atmosfera che si è venuta a creare tra la squadra, la tifoseria e la città è semplicemente impagabile».

Nel tuo ultimo anno in rossoblù hai avuto modo di conoscere Joey Saputo: ti eri fatto l’idea che uno scenario come quello attuale sarebbe stato possibile? «Si percepiva sin da subito che Saputo e la nuova dirigenza avessero idee diverse dal solito, che volessero innanzitutto rinsaldare il club partendo dalle fondamenta: patrimonializzazione della società con un occhio di riguardo per le strutture, come dimostra l’acquisto e il successivo ammodernamento del centro tecnico di Casteldebole, che adesso è uno dei top in Italia. Il patron ha trasmesso linee guida chiare su ciò che intendeva fare, e lì per lì l’auspicio era che il Bologna potesse emulare ad esempio il Sassuolo, nel senso di far crescere giovani talenti per poi rivenderli effettuando corpose plusvalenze, ma…».

Ma? «Non avrei immaginato i picchi attuali, perché nel calcio di oggi arrivare a certi livelli senza il fatturato dei top club è difficilissimo: questo a maggior ragione valorizza le scelte fatte dalla società nel corso del tempo, anche con qualche errore qua e là ma sempre con un percorso e obiettivi chiari in testa. Arrivare quarti vorrebbe dire tenersi dietro realtà del calibro di Roma, Lazio, Napoli e Fiorentina, senza dimenticare l’Atalanta: qui si va oltre ogni più roseo sogno e aspettativa».

Tornando a te, quanto immagini di poter giocare ancora? Stai già pensando al post calcio? «Vivo davvero di anno in anno e non mi pongo limiti: ho ancora dentro di me una gran voglia di giocare e sto bene fisicamente, dunque spero di fare almeno altri due-tre anni sul campo. Man mano che si cresce subentrano poi altri fattori con cui confrontarsi, in primis la famiglia e la distanza da casa: ho alcune idee e pensieri per il futuro, ma ora sono focalizzato sulla mia carriera da calciatore».

L’affetto che Bologna nutre nei tuoi confronti è immutato… «Mando un abbraccio forte ai tifosi del BFC, è scontato dire che è come se fossi lì con loro a supportare la squadra: non vedo l’ora di rimettere piede al Dall’Ara, ogni volta che ci torno tante persone mi ricoprono d’affetto e questo mi fa un piacere enorme, perché significa che qualcosa nel mio piccolo ho lasciato, e per me è un grande onore. Purtroppo quest’anno sono riuscito ad esserci solo contro l’Atalanta, ovviamente a causa della distanza, ma a Pasquetta contro la Salernitana saranno presenti mia moglie e i miei bimbi e faranno il tifo anche per me».

Riccardo Rimondi

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Foto: vesuviolive.it