Castellini:

Castellini: “Il Bologna deve stare attento ma la qualità c’è, serve una vittoria per ripartire. Sartori un valore aggiunto, è presto per giudicare il suo lavoro”

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Quest’oggi, a due giorni da un Bologna-Sampdoria molto delicato e già carico di ansie per entrambe le squadre, rispettivamente quartultima e ultima in classifica dopo le prime otto giornate di campionato, abbiamo intervistato il grande doppio ex Marcello Castellini. L’ex difensore e capitano sia rossoblù (187 presenze) che blucerchiato (145 partite) ha analizzato in particolare la situazione in casa felsinea, dall’esonero di Sinisa Mihajlovic al difficile inizio della gestione Thiago Motta, volgendo poi lo sguardo sia al passato che al futuro, tra ricordi e progetti. Ecco cosa ci ha raccontato…

Castellini, Bologna-Sampdoria vuol dire per lei oltre 300 partite in carriera: sono le due squadre in cui ha giocato di più. Solo che nel famigerato 1998/99 era dalla parte ‘sbagliata’… «Vero, giocavo nella Samp e al Dall’Ara, quel 16 maggio, venne fuori una partita scioccante: retrocedemmo lì, era la penultima giornata. Fu una delle non poche retrocessioni immeritate nella storia della Serie A. Non eravamo una squadra da B, basti vedere chi c’era in panchina (Spalletti, ndr) e in attacco (Montella, ndr), eppure successe e basta».

La Sampdoria è squadra che retrocede spesso con buoni organici, capitò anche nella stagione 2010/11. «In quella circostanza, però, avevano venduto Cassano e Pazzini a gennaio. Ma sì, in ogni caso anche quella non era una squadra certo da retrocessione. Questo insegna come in Serie A bisogna sempre stare attenti. Una volta molto di più, perché si retrocedeva quattro alla volta e la concorrenza era maggiore, ma pure adesso non si può certo abbassare la guardia».

Fenucci ha avvertito tutti: ogni anno un club con fatturato simile a quello del BFC scende in cadetteria. «Ho sentito. Lui parla da uomo di bilanci e fa bene. Ma non mi sembra il caso del Bologna, almeno non quest’anno».

I rossoblù non rischiano, quindi? «Bisogna sempre stare attenti, è chiaro. A volte puoi soffrire perché non c’è corrispondenza tra i nuovi ingressi e le ultime cessioni. Ma la squadra c’è, la qualità non manca».

Andiamo al punto: esonerare Mihajlovic è stato un errore? «Secondo me aveva ancora sotto mano la squadra: cacciarlo è stata soprattutto una scelta societaria, più che una conseguenza dei risultati. Se la scelta era quella di esonerarlo, a quel punto tanto valeva farlo prima, per lasciare campo libero al nuovo allenatore già dall’estate».

Il rischio è che ora si smorzi l’effetto novità di Thiago Motta. Anzi, con due sconfitte si è già smorzato. «Esatto. Perderne due o tre a inizio campionato è un conto, perderne due o tre adesso è un altro. Anche a La Spezia aveva fatto fatica a ingranare, ma appunto era ad inizio corsa. È innegabile che ora serva subito una vittoria per voltare pagina e ripartire, ma per assestarsi gli occorrerà comunque altro tempo».

Sinisa allenatore e Sinisa giocatore: ce lo descriva in entrambe le vesti, lei che l’ha conosciuto dentro e fuori dal campo. «Come compagno, alla Sampdoria, e come allenatore, al Bologna, non ho mai notato grosse differenze. Caratterialmente è sempre stato un uomo sicuro di sé, forse un po’ più sergente di ferro da mister ma è normale che sia così. E in panchina ha sempre cercato di raggiungere risultati persino superiori al valore delle squadre che ha allenato».

Ma è vero che dopo pochi mesi i giocatori non ricevono più l’input e le motivazioni dal medesimo tecnico? «Dipende. Quelli con le palle non hanno bisogno di essere ricaricati di continuo. Altri giocatori, invece, cambiano rendimento a seconda delle situazioni esterne e dell’ambiente. Ci sono allenatori, poi, che spremono talmente tanto il gruppo da non riuscire a cavarci fuori niente sulla lunga distanza. Certo, il calcio di oggi ha accorciato molto i tempi di ‘scadenza’». 

In Serie A resiste Gasperini… «Un caso felice ma isolato. All’Inter non gli andò allo stesso modo…».

Anche per i direttori tecnici/sportivi è così. Bigon è stato relativamente longevo, e comunque il suo lavoro s’è visto: il mercato delle uscite è stato molto redditizio. «L’ho conosciuto una volta di sfuggita, rientrando dall’aeroporto. Ha fatto un buon lavoro e di sicuro è passato troppo poco tempo per giudicare quello di Sartori. Che sicuramente è un valore aggiunto per questo club». 

Cosa manca per il salto di qualità? «Tenere pezzi importanti. Perdere Theate per me è stata una rinuncia dolorosa: aveva tamponato benissimo l’uscita a sua volta pesante di Tomiyasu, ed era diventato un punto di riferimento. Certo, non parliamo di Arnautovic, se fosse partito lui sarebbe venuto giù lo stadio».

Nel 2022 il primo arbitro donna in Serie A: il suo parere? «L’arbitraggio di una donna in Serie A non dev’essere considerato un premio. Se una è brava, è brava, ed è giusto che arbitri». 

Castellini, 50 anni a gennaio, cosa fa nella vita? «Ho lasciato l’impiego a Castenaso, al Centro Federale Territoriale. Al momento sono tornato nella mia Perugia ma mi piacerebbe lavorare ancora nel calcio, soprattutto coi giovani: amo seguire la crescita dei talenti e i settori giovanili».

O magari un settore femminile? «Chissà. In parte ci ho già lavorato, perché al Centro Federale c’era anche la sezione donne. Mi sono trovato benissimo, non pensavo che tecnicamente fossero così avanti». 

Mario Sacchi

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Foto: Getty Images (via OneFootball)