Condò: “Bologna bello, divertente e competitivo, spero di ammirarlo ancora in Europa. Da bambino il mio preferito era Savoldi, oggi stravedo per Ndoye”
Una delle firme più brillanti e autorevoli del giornalismo calcistico italiano, il triestino classe 1958 Paolo Condò non ha bisogno di presentazioni: a lungo collaboratore de La Gazzetta dello Sport, in seguito de la Repubblica e ora del Corriere della Sera, oltre che opinionista di Sky Sport, è dal 2010 il giornalista italiano designato per la votazione del Pallone d’Oro, assegnato dalla prestigiosa France Football. Oggi è stato quindi un onore e un piacere intervistarlo e parlare con lui di questo Bologna che non smette di stupire e ammaliare, portando anche alla luce il suo sincero affetto per i colori rossoblù.
Paolo, riavvolgiamo il nastro: ad agosto 2024 chi si sarebbe mai immaginato il Bologna ancora in lotta per la Champions e il mancato ritorno di Motta al Dall’Ara? «In effetti sarebbe stato molto difficile pronosticare l’assenza di Thiago sulla panchina della Juventus, mentre i risultati del Bologna sono figli di una realtà gestita molto bene: Saputo garantisce sicurezza, Fenucci è la mano salda alla guida e la coppia Sartori-Di Vaio è una delle più considerate nel panorama calcistico italiano. L’estate scorsa mi era dispiaciuto veder partire Zirkzee, ne andavo pazzo, ma ero certo che sarebbe stato sostituito adeguatamente, così come le altre cessioni illustri, ben tamponate dai nuovi acquisti dopo un fisiologico periodo di ambientamento».
Ora i felsinei sono nel pieno della bagarre europea, e capire chi la spunterà è molto difficile… «Nell’ultimo periodo abbiamo spesso analizzato il rendimento della Roma dal momento in cui è tornato Ranieri, e i giallorossi sono dietro solo a Napoli e Inter. Ma da quando Italiano ha concluso il suo periodo di ‘apprendistato’ a Bologna, all’incirca dopo l’ottava giornata di campionato, i rossoblù hanno recuperato diversi punti alle contendenti: per esempio sei a Juventus e Fiorentina e cinque alla Lazio. Inoltre hanno viaggiato al ritmo delle prime della classe, ad appena tre lunghezze dal Napoli e a due dall’Inter, nello specifico conquistando ben ventisei punti contro le prime dieci in classifica. È quindi probabile che i rossoblù strappino un pass per le coppe, quantomeno io spero di poter ammirare ancora in Europa una squadra bella, divertente e competitiva».
Il secondo binario europeo è quello della Coppa Italia: sul versante rossonero ci si gioca la stagione, su quello rossoblù si gioca per la storia. «Oggi il Bologna è chiaramente una squadra molto più compiuta del Milan, se però i rossoneri fossero stati gestiti in modo diverso avrebbero vissuto tutt’altra annata: il loro potenziale è ben superiore a quanto mostrato in stagione. Il Diavolo è un brutto pesce da pescare, ha dei problemi di attenzione e organizzazione ma quando si parla di una finale le motivazioni e la concentrazione vengono da sole: se come credo il Milan all’Olimpico farà un’ottima gara, il Bologna per competere dovrà essere al top».
Oggi il lavoro di Italiano viene giustamente incensato, forse in precedenza era stato un po’ sottovalutato? «Secondo me no. Quando si discute di allenatori ci si dimentica spesso di andare a vedere la loro carta d’identità: come accade ad ognuno di noi nel proprio ambito lavorativo, c’è un periodo durante il quale si impara, si cresce e si evolve, poi si arriva al punto in cui si è immagazzinato ciò che si poteva immagazzinare e si sviluppa la propria carriera. Ritengo che Italiano sia un tecnico giovane, di sicuro molto capace ma ancora in fase di apprendimento, dunque certe valutazioni sono ancora precoci».
Il BFC può vantare un bellissimo collettivo, ma qual è il tuo singolo preferito? «Proprio perché parliamo di una squadra che ha nel collettivo il suo punto di forza, la risposta è difficile, io però stravedo per Ndoye: per me è quello che ha più di tutti il potenziale del vero campione, a maggior ragione dopo aver migliorato la fase di finalizzazione. Ma potrei citare una sfilza di ottimi calciatori come Beukema, uno dei migliori difensori dell’intera Serie A, Freuler che sta facendo addirittura meglio di quanto mostrato a Bergamo e non da ultimo Orsolini, di cui mi piace la gioia che comunica nel giocare».
A tal proposito, è possibile che non si riesca a trovare spazio in Nazionale per il miglior marcatore italiano degli ultimi tre campionati? «Oggi Orsolini è per certi versi quello che è stato nei quindici anni precedenti Quagliarella: un giocatore dalla balistica strepitosa, che naturalmente non può essere continua, e stilisticamente perfetto, una gioia per gli occhi. Posso anche capire la scelta di non convocarlo per una singola partita da preparare in pochissimi giorni ma, se fra un anno l’Italia dovesse finalmente tornare ai Mondiali, lui sarebbe da chiamare e potrebbe ritagliarsi il suo spazio anche a livello internazionale».
Mediaticamente parlando, quale status ha oggi il Bologna? «Il racconto mediatico del Bologna è un racconto bello, seppur iniziato nella sofferenza: è dal periodo della malattia di Mihajlovic, infatti, che il club si è guadagnato un’attenzione e un affetto speciali da parte del resto d’Italia. È un qualcosa che tocca il lato umano prima ancora che l’aspetto tecnico, comunque rafforzato via via dal bel gioco messo in mostra da Motta e in seguito da Italiano. Per non parlare delle sempre gradevoli icone dal cuore rossoblù come ad esempio Gianni Morandi e Cesare Cremonini, e della città stessa, in cui si vive magnificamente. Questi e altri fattori si riflettono sul piano mediatico, rendendo il Bologna una squadra simpatica un po’ a tutti».
Se non ricordo male anche tu, pur avendo nel cuore la Triestina, nutri una particolare simpatia per i colori rossoblù… «Torniamo indietro alla mia infanzia, all’epoca il Bologna era davvero una bella squadra: erano i tempi di Beppe Savoldi, da bambino era il mio giocatore preferito e ricordo che la notizia della sua cessione al Napoli mi rattristò moltissimo. Conservo qualche lontana reminiscenza del grande Pascutti, e all’inizio della mia carriera giornalistica ho conosciuto Franco Janich, divenuto dirigente della Triestina: un signore di una classe incredibile. Poi ho avuto piacevolissimi contatti con Giacomo Bulgarelli, quando lui girava con Massimo Caputi per le varie telecronache: ogni volta che il suo nome viene citato, il mio amico Fabio Capello si alza in piedi e fa il gesto di togliersi il cappello di fronte al giocatore e alla persona. Insomma, per me il Bologna non sarà mai una squadra qualsiasi».
Riccardo Rimondi
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Foto: Stefania D’Alessandro/Getty Images (via OneFootball)