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Cordolcini: “Van Hooijdonk scommessa interessante, sa segnare in tutti i modi. Schouten mi ha stupito, può arrivare in Nazionale”

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Sydney van Hooijdonk, centravanti olandese figlio di Pierre (ex bomber – fra le altre – di Benfica, Celtic, Feyenoord, Fenerbahce e Nazionale), è sbarcato a Bologna e nei prossimi giorni firmerà col club rossoblù. Per provare a conoscere meglio questo promettente ragazzone classe 2000, nato e cresciuto calcisticamente nel NAC Breda, abbiamo contattato il giornalista e scrittore Alec Cordolcini, che da oltre dieci anni si occupa di calcio olandese e belga per diverse testate nazionali (dal Guerin Sportivo al La Gazzetta dello Sport, da Il Giornale a Rivista Undici). Approfittando della sua notevole competenza in materia, gli abbiamo chiesto anche un parere sui giocatori oranje già nella rosa del BFC, ovvero Jerdy Schouten, Mitchell Dijks e Stefano Denswil.

Alec, a breve Van Hooijdonk si svincolerà dal NAC Breda e diventerà un calciatore del Bologna: cosa ne pensi di lui? «Parliamo di un attaccante di sicure prospettive e dunque di una scommessa interessante. Nonostante la giovane età, ha già dimostrato di avere diversi numeri nel proprio bagaglio tecnico, perché sa segnare su azione manovrata, di testa e da fermo: insomma, non è una punta monodimensionale, caratteristica che lo accomuna al più celebre papà Pierre. L’unico dubbio che ho riguarda la categoria nella quale si è messo in luce, cioè la seconda serie olandese. Nel corso degli anni in quella cadetteria si sono espressi molto bene giocatori come Huntelaar o Van Persie, ma anche elementi capaci di fare trenta gol in una stagione per poi sparire dai radar».

Dalla Eerste Divisie alla Serie A senza tappe intermedie: il ragazzo riuscirà a non accusare troppo questo salto? «In effetti Van Hooijdonk arriva in A dopo aver soltanto assaggiato l’Eredivisie (136 minuti nel 2018-2018, ndr), un balzo certamente pieno di incognite, ma ricordo che ai tempi l’acquisto di Schouten destò le stesse perplessità, eppure il buon Jerdy ha avuto un ottimo impatto col nostro campionato. Allo stesso tempo, la storia recente ci dice che i difensori e i centrocampisti passati dalla massima serie olandese a quella italiana sono riusciti ad affermarsi meglio di quanto non abbiano fatto ali e centravanti, penso ad esempio a Kluivert nella Roma o a Lammers nell’Atalanta: spero che Van Hooijdonk riesca a smentire questa tendenza».

Hai citato Schouten, che venne pescato dal piccolo Excelsior appena retrocesso e ora ha addosso gli occhi di diverse big: ti aspettavi questa sua crescita? «Ho trovato subito che avesse approcciato bene la Serie A, ma non credevo potesse crescere così tanto. Lo vedo migliorato dal punto di vista sia tattico che fisico, e a questo punto non mi stupirei se un domani dovesse finire nel giro della Nazionale. Con le debite proporzioni, credo che Schouten abbia avuto una maturazione sorprendente tanto quanto quella di de Roon, che in patria non era affatto considerato nel momento in cui fu acquistato dall’Atalanta. Parliamo infatti di un giocatore che militava in compagini di metà classifica in Eredivisie: nessuno si sarebbe mai aspettato che potesse diventare il perno di una squadra da primi otto posti in Champions League e disputare un Europeo con l’Olanda da titolare».

Discorso diverso per Dijks e Denswil, mai costante il primo e mai convincente il secondo: credi che possano ancora avere qualche margine di miglioramento? «Sono due classe 1993 e ritengo che il loro livello attuale sia il massimo a cui possono aspirare, non li vedo più in alto di così. Su Dijks ci sono un po’ di rimpianti perché gli infortuni lo hanno notevolmente frenato, Denswil invece non ha mai convinto del tutto né in Olanda nell’Ajax né in Belgio nel Club Brugge, nonostante i vari titoli vinti: purtroppo non ha mai offerto con continuità quel tipo di prestazioni che avevano attirato parecchie attenzioni su di lui all’età di 19-20 anni».

Denswil avrebbe tutto per imporsi, ma in Italia non puoi permetterti certi cali di attenzione e concentrazione… «Il problema degli errori causati da scarsa concentrazione se lo trascina dietro da sempre, è il suo principale difetto, ed è un vero peccato perché fisicamente e tecnicamente non è un calciatore di basso profilo, anzi. Se però arrivato a 28 anni il tuo tallone d’Achille è lo stesso che avevi a 19, significa che evidentemente c’è un problema insormontabile sul piano della mentalità che non rende possibile il passaggio ad un livello superiore».

Fabio Cassanelli

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