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Giordano: “Bologna sorprendente, Lazio forse ancora di più: applausi per Italiano e Baroni. In rossoblù una sola stagione, ma il ricordo è bellissimo”

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Autentica divinità laziale, erede di un certo Giorgio Chinaglia e quinto miglior marcatore nella storia del club biancoceleste (108 gol). Poi centravanti del primo scudetto del Napoli di Maradona, trascinatore ad Ascoli e protagonista pure a Bologna, con 9 reti totali nella stagione 1989/90 e una memorabile qualificazione in Coppa UEFA dal sapore di champagne sotto la gestione di Gigi Maifredi. In seguito tante panchine diverse, dalla Serie D fino alla Serie A, e tante partite commentate per varie emittenti televisive e radiofoniche, fra cui Rai e Mediaset. Stiamo parlando del bomber Bruno Giordano, doppio ex di BFC e Lazio, che abbiamo avuto il piacere di intervistare alla vigilia del big match in programma domani al Dall’Ara.

Bologna-Lazio, sfida europea con vista Champions: quale delle due squadre ti sta sorprendendo di più? «Il Bologna è una conferma che arriva da lontano, con una proprietà solida e un’area mercato in grado di trovare in giro per il mondo giovani poco conosciuti che poi si rivelano poi molto forti. Il rendimento attuale è ancor più sorprendente di quello dell’anno scorso, se pensiamo anche alla semifinale di Coppa Italia raggiunta e all’impegno iniziale in Champions League, storico e stimolante ma comunque gravoso: quella dei rossoblù è davvero una stagione notevole».

E la Lazio invece? «Per certi versi si tratta di una sorpresa ancora maggiore, visto che in estate la rosa è stata letteralmente rivoluzionata perdendo diversi cardini delle stagioni precedenti, sostituiti da giocatori magari meno noti ma che comunque si sono rivelati all’altezza. I risultati stanno dando ragione alle scelte societarie, in primis quella legata all’allenatore: Baroni e i suoi ragazzi stanno facendo grandi cose, sia in Serie A che in Europa League. Più in generale, Bologna e Lazio meritano un plauso soprattutto se confrontate con quei top club che tra estate e inverno hanno speso tantissimo e sono lì con loro o addirittura dietro in classifica».

Che gara ti aspetti domani? I biancocelesti potrebbero risentire delle fatiche di coppa? «L’impegno a metà settimana incide eccome. La Lazio si presenterà al Dall’Ara due giorni e mezzo dopo la gara col Viktoria Plzen, e sarà chiamata a fronteggiare una squadra che ti impegna tanto sotto il profilo dinamico: se non sei pronto puoi andare in grossa difficoltà. Va però anche detto che il passaggio del turno in coppa genera entusiasmo e nuove energie mentali: sotto il profilo fisico credo che al momento il Bologna stia meglio, ma quando si giocano sfide del genere tutto si azzera».

La sensazione è che Italiano, a livello nazionale, venga un po’ sottovalutato: questa stagione può segnare la sua rivincita? «Fin qui il percorso in panchina di Italiano è stato più che buono, certo che quando arrivi a giocarti tre finali e le perdi quasi tutte allo stesso modo rischi di essere etichettato in negativo. E magari ti fai qualche domanda… Infatti mi pare che quest’anno Vincenzo abbia apportato dei cambiamenti, rispetto agli anni di Firenze vedo una fase difensiva più attenta e una linea un po’ meno alta. Pure la sua Fiorentina proponeva un calcio interessante, ma spesso gli sforzi venivano vanificati da qualche gol evitabile preso in fotocopia: evidentemente il mister ha fatto tesoro di quell’esperienza e ora sta sfruttando al meglio una rosa forte sia negli undici che nelle alternative, un ottimo mix di qualità e forza fisica».

Da osservatore esterno: il Bologna è rientrato fra le big del calcio italiano o quella percezione non c’è ancora? «Bella domanda, ma solo il campo potrà dare la risposta definitiva: confermarsi almeno al quinto posto, per esempio, rafforzerebbe la candidatura rossoblù, confermando nel contempo alla società di essere sulla strada giusta per rimanere ai vertici. Perché operare bene è fondamentale, poi però sappiamo che a livello mediatico si guardano soprattutto i risultati: in tal senso, andarsi a giocare una finale di Coppa Italia e restare in Europa sarebbero due tasselli fondamentali».

Tornando al match del Dall’Ara, ci attende anche il derby argentino dei centravanti fra Castro e Castellanos… «Parliamo di due ragazzi che oltre a vedere la porta non si risparmiano mai, hanno età e caratteristiche diverse ma non tradiscono il loro DNA argentino: sono giocatori associativi che ti impegnano molto nell’uno contro a uno a livello fisico, che vengono ad aiutare il centrocampo, che vanno a dar fastidio ai difensori avversari per aiutare i compagni a recuperare alto il pallone. La forza principale di Bologna e Lazio sta nel collettivo, ma credo che da qui a fine stagione il rendimento delle rispettive punte sarà determinante per i loro risultati».

Ennesima esclusione dalla Nazionale per Orsolini: come ti spieghi la difficoltà ad entrare nelle rotazioni di Spalletti nonostante i suoi ottimi numeri? «Ormai sappiamo che le scelte non dipendono solo dal rendimento ma anche e soprattutto da ciò di cui il c.t. ha bisogno: l’Italia ora gioca col 3-5-2 o 3-4-2-1 e Orsolini è un puro esterno offensivo da tridente, molto più attaccante rispetto per esempio ad un Politano che ti garantisce maggior equilibrio sulla fascia ma sa giocare anche in zona più centrale a ridosso della punta. La mancata convocazione in azzurro, comunque, non toglie nulla al valore di Orsolini».

Cos’ha rappresentato per te Bologna, a livello personale e calcistico? Quale ricordo conservi della piazza rossoblù? «Ho un bellissimo ricordo dell’annata vissuta sotto le Due Torri con tanti amici, in primis Eraldo Pecci: ho conosciuto persone speciali ed è stato un privilegio giocare in uno stadio importante come il Dall’Ara. In più, con quel gruppo guidato da mister Maifredi abbiamo riportato il Bologna in Coppa UEFA dopo tantissimi anni, dunque anche sul piano sportivo fu un’annata davvero soddisfacente».

Perché allora quell’addio repentino? «Avevo un contratto di tre anni ma anche un debito d’onore con Costantino Rozzi, storico presidente dell’Ascoli, così ritornai in bianconero per aiutare la squadra a risalire in A. In precedenza mi ero trasferito a Bologna dopo un’ottima stagione nelle Marche su input dell’amico Pecci, e come detto mi sono trovato alla grande. Poi però il passaggio di Eraldo al Vicenza nel mercato autunnale, l’età e quella promessa fatta a Rozzi mi spinsero di nuovo verso Ascoli: terminai comunque la stagione in rossoblù con professionalità e affetto, segnando 9 gol, e mi lasciai bene con una città che, malgrado la breve permanenza, non ho mai dimenticato».

Riccardo Rimondi

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Foto: Massimo Insabato/Mondadori Portfolio/Getty Images (via OneFootball)