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Negri: “Gioco e unità d’intenti, è un bel Bologna. Arnautovic troppo forte per stare fuori, a Zirkzee manca ‘solo’ il gol per essere completo”

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A Bologna due stagioni molto diverse tra loro: la prima (1993/94) da protagonista in Serie C1 nel rinato BFC 1909 di Giuseppe Gazzoni Frascara, con la promozione in B sfumata ai playoff; la seconda (2001/02) da riserva in Serie A, con la squadra allenata da Francesco Guidolin che sognò fino all’ultimo la Champions per poi precipitare in Intertoto. Marco Negri, centravanti milanese classe 1970, di maglie ne ha indossate parecchie e ha sempre saputo farsi apprezzare a suo di gol e sorrisi, consacrandosi in Scozia con la maglia dei Glasgow Rangers (capocannoniere della Scottish Premier League nel 1997/98, entrando nel ristretto novero dei calciatori italiani capaci di vincere la classifica marcatori in un campionato straniero). Ora Marco, che in carriera è stato anche collaboratore di Massimo Oddo allenando gli attaccanti dell’Udinese, abita proprio a Bologna e le vicende dei rossoblù le segue con attenzione e affetto, come testimonia la bella chiacchierata che oggi abbiamo fatto con lui.

Un buon calcio e 35 punti in classifica: ti aspettavi questo Bologna dopo due terzi di campionato, valutando il valore della rosa e le difficoltà iniziali? «Non mi aspettavo questa posizione in classifica: è presto per fare dei bilanci, però si può già dire che questo campionato ha presentato situazioni che potenzialmente potevano portare a negatività, superate grazie ad un’unità d’intenti che forse mai si era verificata negli ultimi anni tra società, staff, giocatori e tifosi, tutti in grado di capire il momento. Si è cercato di trasformare le varie emozioni in forza aggregante, specialmente sul campo, e non era una cosa scontata: ad esempio è stato bellissimo vedere diversi ragazzi dedicare gol e pensieri a Mihajlovic pur essendo allenati da un altro mister. Non guardo tanto al piazzamento ma al proprio raccolto in termini di punti, quota 50 o qualcosa in più dev’essere l’obiettivo fisso».

Capitolo Arnautovic: che idea ti sei fatto? «Fermo restando che solo internamente si hanno a disposizione dati e parametri precisi, e che il bene supremo resta quello della squadra, bisogna fidarsi di questi giocatori dall’alto della loro esperienza e capacità di valutare le proprie condizioni. Dunque uno come Arnautovic, che ha tirato la carretta per un anno e mezzo ed è un gradino sopra a quasi tutti in termini di personalità e tecnica, se sta bene fisicamente e pertanto viene convocato a mio avviso deve giocare, e un allenatore dev’essere felice di avere in mano tante carte di valore. Faccio un paragone cestistico: nel basket magari il secondo quintetto opera una bella rimonta, poi però la gara viene quasi sempre chiusa dal quintetto iniziale…».

Aiutaci a capire meglio Zirkzee: quali margini di crescita vedi nel giovane attaccante olandese? «Zirkzee è un facilitatore per gli altri, genera spazi ed è in grado di creare l’isolamento uno contro uno per i compagni. Questo suo modo di giocare e di svolgere a meraviglia entrambe le fasi lo limita in termini di finalizzazione, visto il suo dispendioso lavoro spalle alla porta, perfetto appunto per gli inserimenti degli altri. Secondo me deve migliorare nelle combinazioni coi giocatori che lo circondano e, sarà banale dirlo, aumentare il numero dei gol: giusto o sbagliato che sia, il centravanti viene valutato anche e soprattutto in base alle reti che realizza. Ma ha appena 21 anni e sono sicuro che sarà indirizzato nel migliore dei modi dallo staff per cercare un po’ di più la porta».

Ti stuzzicherebbe la coppia Arnautovic-Zirkzee? «Gli esperimenti a questo punto della stagione sono rischiosi, adesso si ricerca solo qualche miglioria e di perfezionare certi meccanismi già esistenti. Può certamente essere un’opzione a gara in corso, magari con Arnautovic leggermente più arretrato: è una questione chimica e di conoscersi bene perché quando giochi con due punte vere, come fa ad esempio l’Inter, le combinazioni fra loro sono molto frequenti e bisogna essere rapidi di testa e di piedi. La somma dei due attaccanti dev’essere maggiore del valore dei due singoli».

Barrow può tornare ai livelli mostrati nel suo primo anno e mezzo in rossoblù? «Barrow ha fatto cose sbalorditive giocando alto a sinistra, sfruttando in particolare la possibilità di rientrare per innescare gli altri o concludere col suo destro a giro: non vedo un’involuzione ma nemmeno dei progressi, il ragazzo è arrivato mostrando numeri importanti ma è normale che quando investi una cifra del genere ti aspetti una crescita costante. Caratterialmente lo vedo come un giocatore che avrebbe bisogno di esaltarsi, di stare al centro del progetto, ma adesso sembra che non riesca più a trovare dentro di sé una scintilla per riaccendersi. Se dovesse andare via da Bologna mi dispiacerebbe perché vorrebbe dire non essere riusciti a vederne espresso a pieno il potenziale».

Tu che di Scozia te ne intendi, ti aspettavi un impatto del genere da Ferguson alla sua prima stagione italiana? «Ferguson mi ha incuriosito fin da subito, qui in Italia ha messo in mostra le stesse caratteristiche che lo avevano fatto emergere in Scozia: capacità d’inserimento con gol belli e importanti, quantità e qualità, precisione nel fraseggio e tanta mobilità, ovunque lo metti ti porta a casa la prestazione. Insomma, un centrocampista completo. Inoltre è stato molto bravo ad aspettare il suo turno, ha avuto pazienza: gli ho mandato due-tre messaggi su Instagram dicendo che il suo momento sarebbe arrivato, e quando è passato il treno l’ha afferrato a due mani».

Come vedi la gara contro la Lazio? Per i biancocelesti una trasferta insidiosa a cavallo della doppia sfida di Conference League con l’AZ… «Conoscendo un po’ Sarri sono sicuro che la sua priorità sia il campionato, a maggior ragione ora che c’è la concreta possibilità di raggiungere il prestigioso traguardo Champions. La Lazio è una squadra che gioca e fa giocare, dunque il Bologna potrà essere se stesso, a differenza di quanto tentato da Motta a Torino: se la squadra riuscirà a riproporre la qualità, la forza e soprattutto l’intensità messa in campo contro l’Inter, nonostante le assenze di Dominguez e Orsolini, potrà dar noia ai biancocelesti, perché questo Bologna al 100% è una squadra bella da vedere e scomoda da affrontare per chiunque».

Riccardo Rimondi

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Foto: bolognafc.it