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Posch: “La squadra non vede l’ora di ripartire, io lavoro per essere un terzino migliore. Motta è speciale come Nagelsmann, possiamo fare qualcosa di bello”

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Quando si entra a fari spenti in un nuovo ambiente, accolti magari anche da un po’ di scetticismo, le possibilità sono due: perdersi d’animo e svilirsi, temendo di non essere all’altezza, oppure reagire e dimostrare il proprio valore. Questo ha fatto Stefan Posch, arrivato a Bologna la scorsa estate da carneade (quantomeno per chi non seguiva la Bundesliga tedesca) e diventato in breve tempo non solo un titolare, ma addirittura un protagonista. Acquistato dall’Hoffenheim, dov’era stato allenato anche da Julian Nagelsmann (attuale tecnico del Bayern Monaco), il 25enne difensore centrale austriaco di scuola Admira e nazionale dal 2019 ha iniziato a trovare spazio sotto la gestione di Thiago Motta, che lo ha provato come terzino destro e da lì non l’ha più mosso. Per lui, finora, 8 presenze di ottimo livello coronate con un gol da bomber e un assist da trequartista, a testimonianza di un repertorio che va ben oltre la solidità. Oggi, a meno di una settimana dalla ripresa del campionato dopo la pausa mondiale, l’abbiamo intervistato in esclusiva a Casteldebole per parlare di lui e ovviamente dei rossoblù, che con tanta tristezza nel cuore ma nuova benzina nelle gambe andranno a caccia di un posto nella parte sinistra della classifica.

Stefan, anche se è stato il tuo mister solo per pochi giorni, partirei da un ricordo di Sinisa Mihajlovic, scomparso il 16 dicembre. «Per l’appunto ho trascorso solo una settimana col mister, giusto il tempo di parlarci qualche volta prima dell’esonero. Ma vedendo il dolore sul volto dei miei compagni quando hanno appreso la notizia della sua morte, ho capito quanto profondo fosse il legame instaurato con loro. Mi dispiace tantissimo, non doveva finire così, ci tengo a mandare un forte abbraccio alla sua famiglia».

Da ‘sconosciuto’ a protagonista: decisamente particolari, i tuoi primi tre mesi e mezzo a Bologna… «All’inizio non è stato semplice, in un nuovo Paese e con una lingua diversa, peraltro dovendo cimentarmi in un ruolo un po’ diverso dal solito. Però il campionato era già in corso e non avevo tempo da perdere, così ho cercato di ambientarmi e adattarmi nella maniera più rapida possibile: tutto sommato credo di aver fatto un buon lavoro, anche se devo ancora perfezionare alcune cose, a cominciare proprio dall’italiano (sorride, ndr)».

In effetti la sensazione è che tu ti sia già ambientato alla grande: nel gruppo, oltre al tuo connazionale Arnautovic, quali sono i compagni con cui hai legato di più? «Certo, Marko era già un amico e si è confermato tale aiutandomi moltissimo, così come Sansone e Soriano che parlano perfettamente il tedesco. Ma devo dire grazie proprio a tutti, nessuno escluso, perché con me sono stati tutti fantastici fin dal primo giorno».

Hai percepito differenze notevoli tra la Serie A e la Bundesliga? «Onestamente, non così marcate come talvolta sento dire quando si fanno questi confronti. Sì, il calcio italiano è più tattico e da quel punto di vista serve un’applicazione ancora maggiore, ma entrambi sono campionati di alto profilo e il livello qualitativo è piuttosto simile».

Com’è nata l’idea di provarti da terzino? E come ti trovi in quel ruolo? «Mister Motta mi ha esposto il suo pensiero all’inizio della settimana che conduceva a Napoli-Bologna e io gli ho dato la piena disponibilità a provare, avendo già ricoperto quella posizione qualche volta in Germania. Nonostante la sconfitta ho fornito una buona prestazione, e da lì in poi è stato un crescendo. So che non è abbastanza e lavoro sodo ogni giorno per diventare un terzino migliore, intanto però sono felice di poter giocare e aiutare la squadra»

In generale, analizzando te stesso e il tuo percorso, dove ti senti forte e dove invece pensi di dover migliorare? «Per ovvie ragioni credo che le mie migliori caratteristiche siano legate alla fase difensiva, in primis l’attenzione e la marcatura. Ritengo inoltre di avere delle buone doti atletiche e di corsa. Adesso, da terzino, devo migliorare tutta la parte offensiva, dalla metà campo in su, a cominciare dal cross perché è un fondamentale a cui non ero troppo abituato».

Ti ha dato più soddisfazione il gol segnato al Dall’Ara contro il Torino o il perfetto lancio per Ferguson a Monza? «Beh, un gol è sempre un gol (sorride, ndr). A livello di pura soddisfazione direi quello, anche se pure il lancio per Lewis mi è uscito davvero bene».

Hai un modello di riferimento, un giocatore a cui ti ispiri? «Mi è sempre piaciuto molto Sergio Ramos».

Al di là del diverso assetto tattico, quanto è stato difficile passare dal calcio speculativo dell’ultimo Mihajlovic a quello più propositivo di Motta? «Abbastanza, si è trattato di un cambiamento notevole e come avete visto è servito tempo per attuarlo, per entrare perfettamente in sintonia col credo calcistico e le idee di Motta. All’inizio siamo incappati in diversi risultati negativi e si è creata una situazione complicata, ma il gruppo non ha mai perso la fiducia nell’allenatore e settimana dopo settimana ne siamo venuti fuori, giocando delle belle partite e infilando una serie importante di vittorie».

La lunga sosta è stata vista dalla squadra più come un fastidio, avendo interrotto un ottimo momento di forma, o come un’opportunità per lavorare ancora meglio con Thiago? «Senza dubbio come un’opportunità, perché appunto Motta è subentrato in corsa e non ha avuto il tempo di approfondire alcuni aspetti, cosa che invece abbiamo fatto nell’ultimo mese e mezzo. La stagione è ancora molto lunga e penso che il lavoro svolto durante questa pausa sia stato prezioso, ce lo porteremo dietro fino alla fine e ci aiuterà a migliorare il nostro campionato».

Nagelsmann, che hai avuto all’Hoffenheim, è forse il simbolo degli allenatori giovani e talentuosi: carriere diverse, ma vedi qualche analogia tra lui e Motta? «Al di là chiaramente dei rispettivi percorsi fin qui, ci sono alcune differenze nel modo di pensare il calcio e di metterlo in pratica sul campo, ma entrambi sono davvero speciali e hanno un enorme talento».

Una curiosità: da difensore, come vivi la tanto criticata costruzione dal basso, tratto distintivo del calcio odierno? «Io la apprezzo molto, amo giocare il pallone e non calciarlo lungo, tranne quando sono costretto o se penso possa essere realmente utile (come a Monza, ndr). Ecco perché il calcio di Motta mi piace molto e sono sicuro che sul piano del palleggio la squadra abbia ulteriori margini di miglioramento».

Dove può arrivare questo Bologna? Insieme al mister vi siete posti un obiettivo? «Non abbiamo fissato un traguardo specifico, preferiamo ragionare di partita in partita. Sappiamo da dove arriviamo, il periodo difficile che abbiamo attraversato, e adesso non siamo certo qui ad accontentarci di qualche vittoria: nello spogliatoio c’è la convinzione di poter fare qualcosa di bello, ma per riuscirci non dovremo mai abbassare il livello di intensità e concentrazione».

Siete pronti per fronteggiare la Roma e i quasi 70 mila dell’Olimpico? «Assolutamente sì, nessun timore: siamo preparati e carichi, non vediamo l’ora di ricominciare a giocare».

Come ti trovi qui in città? Ogni tanto la nostalgia di casa si fa sentire? «Come dicevo prima, solo il periodo iniziale è stato un po’ particolare, vista la nuova realtà in cui mi sono trovato, poi tutto è andato in discesa. Vivo qui con la mia ragazza e ci troviamo entrambi benissimo, Bologna è molto bella e accogliente e ti fa sentire come a casa».

Il calciatore Posch lo stiamo imparando a conoscere, raccontaci invece qualcosa dell’uomo Stefan fuori dal campo… «Sembrerà una frase fatta ma il tempo libero non è molto, siamo sempre qui dentro ad allenarci (ride, ndr). E quindi la maggior parte di quel tempo lo dedico alla mia ragazza e alla mia famiglia, sono un ragazzo piuttosto tranquillo. Amo viaggiare e appena posso parto alla scoperta di nuove mete, invece come altri sport da praticare mi piacciono particolarmente il golf e il basket».

Sei uno che ama sognare, magari anche in grande, o preferisci ragionare giorno dopo giorno, ponendoti piccoli obiettivi da raggiungere gradualmente? «Penso sia fondamentale porsi obiettivi di un certo spessore ma nel contempo anche avere la capacità di raggiungerli senza voler strafare, andando un passo per volta attraverso le piccole conquiste quotidiane, altrettanto importanti. Qual è il mio sogno più grande? Ecco, quello preferisco non svelarlo… (sorride, ndr)».

Il tuo prestito prevede un obbligo di riscatto condizionato, ma la società sembra volerti trattenere in ogni caso: ti vedi ancora a lungo in maglia rossoblù? «Vediamo quello che succederà nei prossimi mesi e cosa deciderà il club sul mio conto. Posso solo dire che qui a Bologna sono felice, sotto tutti i punti di vista».

Concludiamo con un saluto ai tifosi del BFC, che ti hanno preso fin da subito in simpatia. «Li saluto caramente e li ringrazio per il supporto incondizionato che ci offrono in ogni circostanza, sono veramente incredibili. L’atmosfera allo stadio Dall’Ara è sempre pazzesca e il mio augurio per il nuovo anno è di poter festeggiare tante altre vittorie tutti insieme».

Simone Minghinelli

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Foto copertina: Getty Images (via OneFootball)