Napoli-Bologna 3-2: il Tosco l'ha vista così...

Napoli-Bologna 3-2: il Tosco l’ha vista così…

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Quarta partita di Motta e dentro ancora qualcosa che fino ad oggi non si era visto: nella gara contro la Sampdoria, nonostante una prova generalmente modesta, la squadra aveva cercato di tanto in tanto qualche verticalizzazione direttamente sugli attaccanti o sul terzo uomo di rincorsa; ieri a Napoli si è invece ammirata una risalita del campo meno diretta e più manovrata, tramite il coinvolgimento di tanti calciatori a cucire la trama offensiva, una buona occupazione degli spazi nella metà campo avversaria e una discreta propensione al tiro.

La verticalità contro la Samp e l’attacco a pieno organico contro il Napoli sono concetti espressi dal mister in sede di presentazione. Nei primi due match non si erano percepiti, negli ultimi due – seppur ad intermittenza – si sono intravisti dentro ad un’idea di gioco ancora poco totalizzante: non si vede una chiara propensione a fare qualcosa di definitivo ma, al contrario, la ‘rivoluzione’ di Thiago sembrerebbe andare a toccare altri aspetti probabilmente meno immediati e da cui si potranno – forse – ricevere benefici solo più avanti nel tempo.

Non mi riferisco a quelli che vengono erroneamente chiamati ‘esperimenti’. Mi pare che il nuovo allenatore dei rossoblù non abbia certo stravolto i ruoli dei giocatori impiegati, semmai ha dato loro compiti per attitudini che hanno nel loro bagaglio tecnico: Aebischer, ad esempio, fa della corsa più che del palleggio il suo mestiere, e allora eccolo ad allungare la squadra e a ripiegare per compattare il centrocampo, mentre Dominguez in una zona di campo più offensiva aiuta la risalita e confeziona assist. Gli altri giocatori mi sembrano impiegati nei loro ruoli, ma per qualcuno si tratta di esperimenti…

Io davvero fatico a comprendere chi parla di calcio così: si chiamano ‘soluzioni’ e ‘coinvolgimento di tutta la rosa’ senza tanti figli e figliastri!

Gli esperimenti diventano tali quando prendi uno o più giocatori e li metti in ruoli completamente diversi dalla loro apparente natura calcistica, oppure quando stravolgi totalmente un modo di stare in campo rispetto al passato recente. Invece, nonostante un’occupazione degli spazi diversa, il Bologna di Motta non attacca in maniera forsennata rispetto a quello dell’ultimo Mihajlovic, non pressa a tutto campo (anzi, il baricentro resta mediamente basso) e le entrate in area avversaria sono ancora merce rara. Piuttosto, una differenza si trova sul numero degli uomini che accompagnano l’azione offensiva, ma niente di sperimentale e di così diverso da gridare al Thiago Motta impazzito o chissà cosa!

La cosa che oggi manca a questo nuovo corso è proprio un’idea totalizzante, e mi riferisco a quell’aspetto identitario che le squadre ‘vere’ dimostrano: che cosa ci ha colpito dell’Atalanta di Gasperini, del Sassuolo di De Zerbi, del Verona di Juric ma anche del primo Bologna di Mihajlovic? La forte identità, nonostante proposte calcistiche totalmente differenti tra loro.

Gasperini si riconosce(va) per l’aggressione e l’attacco esasperato, De Zerbi per la costruzione da dietro e il possesso sempre e comunque, Juric per le palle lunghe e le marcature uomo contro uomo a tutto campo, il primo Mihajlovic per il baricentro alto con recupero palla e verticalità immediata.

Ecco, al Bologna di Motta manca – ancora –  una forte identità, ma è roba complicata e non per tutti.

Tosco – www.madeinbo.tv

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Foto: Getty Images (via OneFootball)