Con Arnautovic un Bologna più sfrontato e pericoloso. Ma dopo l'addio di Palacio e degli altri veterani, manca un nuovo leader morale

Con Arnautovic un Bologna più sfrontato e pericoloso. Ma dopo l’addio di Palacio e degli altri veterani, manca un nuovo leader morale

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Scene come quelle di via Indipendenza per Marko Arnautovic non si ammiravano da almeno sei anni, e cioè da quando Mattia Destro mise piede sulla pensilina dell’alta velocità accolto da 400 tifosi. Ce n’erano pochi di meno o pochi di più, ieri sera, a dare il benvenuto all’austriaco, e tanto basta a far capire la sete di calcio che c’è ancora in questa piazza. Forse Joey Saputo, vedendo quelle immagini, avrà legittimamente pensato: «Ma guarda, bastava poi solo Arnautovic per infiammare Bologna. Mica Drogba o Ibrahimovic. A saperlo prima…». E invece, letto da un’altra prospettiva, il bagno di folla per l’austriaco spiega proprio perché Saputo non se ne sia ancora andato da qui: perché qui il calcio e la passione per i rossoblù non moriranno mai, né con la pandemia né con risultati al di sotto delle aspettative.
Gli esperti di calcio avranno valide argomentazioni per spiegare l’arrivo di un trentaduenne che già due stagioni fa aveva preferito i soldi cinesi all’agone europeo. Anche Ibrahimovic, però, era rientrato da un campionato poco allenante come quello americano per tornare in Serie A. E per poco non faceva vincere lo scudetto al Milan. L’arrivo di Arnautovic colma il vuoto lasciato in attacco da Palacio, e potenzialmente ne aumenta il tasso realizzativo. Ma forse non quello caratteriale. Se c’è ancora un aspetto non abbastanza curato in questa albeggiante campagna estiva è la ricerca di un leader morale: senza Poli, Palacio, Danilo e Da Costa, il BFC ha perso di colpo la spina dorsale del suo spogliatoio, quegli uomini che silenziosamente trascinavano il gruppo a prescindere dalla loro presenza in campo.
Arnautovic è un lottatore e questa caratteristica ce l’ha impressa a fuoco nel cognome (Arnaut o Arnavut è il nome che si riferiva ai cristiani albanesi impiegati come soldati nell’esercito ottomano), oltre ad averlo dimostrato agli ultimi Europei. Ora però serve qualcosa, magari anche in un altro ruolo, che faccia ricordare la calma e la saldezza di nervi di Rodrigo. C’è ancora tempo da qui a fine agosto.

Luca Baccolini

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