Il Bologna e gli arbitri: troppi torti da 'sudditanza al designatore'

Il Bologna e gli arbitri: troppi torti da ‘sudditanza al designatore’

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Il problema, come al solito, è che noi bolognesi siamo «fin troppo civili». E allora prima di protestare, di contestare, di incazzarci, ce ne mettiamo ‒ fin troppo ‒ di tempo. Ma, torto dopo torto, i numeri lo certificano: il Bologna ha un problema con gli arbitri.
Mettiamo semplicemente in fila i fatti. Partiamo dagli interventi del VAR che hanno portato ad una on field review: si comincia col pareggio annullato a Svanberg per un tocco di mano di De Silvestri a Benevento (3^ giornata, 4 ottobre 2020), passando poi a quello sempre di Svanberg in Lazio-Bologna per fallo di Schouten su Lucas Leiva (5^ giornata, 24 ottobre 2020), fino ad arrivare all’espulsione di Hickey in Sassuolo-Bologna (23^ giornata, 20 febbraio 2021). Ci sono poi i casi di mancato utilizzo del monitor in campo per rivedere e valutare meglio l’azione, il cosiddetto silent check: la spinta di Walukiewicz su Palacio in Bologna-Cagliari (6^ giornata, 21 ottobre 2020), il fallaccio da rosso diretto di Samir su Orsolini in Bologna-Udinese (16^ giornata, 6 gennaio 2021), il rigore confermato da Pairetto (collaboratore di Doveri) per il mani di Soumaoro in Bologna-Milan (20^ giornata, 30 gennaio 2021), la mano di Nandez in Cagliari-Bologna (25^ giornata, 3 marzo 2021), concludendo con la rete annullata a Palacio domenica a Napoli (26^ giornata). Tutti ‘episodi’ segnalati e discussi da varie testate giornalistiche imparziali.
I calcoli sono semplici: 8 casi in 26 gare, circa uno ogni tre. Un’enormità: nessuna squadra di Serie A ha questi numeri. E almeno tre sono obiettivamente torti eclatanti: il gol di Svanberg all’Olimpico, il mancato rosso a Samir (con lo stesso Svanberg espulso per doppio giallo pochi minuti dopo) contro l’Udinese, il rosso per Hickey al Mapei Stadium.
Nessuno ‒ per fortuna ‒ parla di malafede, Calciopoli e Luciano Moggi sono lontani. E il VAR è obiettivamente uno strumento che aiuta a evitare errori evidenti. Il problema è il suo uso spesso discrezionale. E la ‘discrezione’ riguarda il designatore arbitrale: Nicola Rizzoli, della sezione AIA di Bologna e di casa al Dall’Ara come osservatore dei suoi ‘sottoposti’. Quella del designatore bolognese è una tradizione che negli ultimi 14 anni ha visto ben tre rappresentanti: oltre a Pierluigi Collina, nel 2006 ci fu anche la parentesi Stefano Tedeschi, chiamato da Luigi Agnolin nella brevissima esperienza post Calciopoli, poi ‘normalizzata’ prima da Cesare Gussoni e poi da Marcello Nicchi.
Qui su Zerocinquantuno lo abbiamo scritto molte volte. Nei confronti dei felsinei sembra andare in scena un processo psicologico che funziona così: pur di non far pensare che il designatore Rizzoli aiuti la squadra della sua città, nel dubbio gli arbitri danno sempre torto al Bologna. Tutto ciò, nonostante le epoche e le situazioni totalmente diverse, riporta alla mente lo scudetto revocato al Torino nel 1927 e non assegnato al BFC dall’allora presidente federale Leandro Arpinati (noto tifoso rossoblù) per lo stesso motivo, il timore di passare per colui che agevola la sua squadra del cuore.
Affinché ci sia un intervento a nostro favore, l’irregolarità deve essere sfacciatamente chiara (vedi il rigore su Soriano in Bologna-Verona del 16 gennaio 2021, secondo penalty in 26 giornate: siamo quelli a cui ne sono stati assegnati meno), ogni altro episodio va vivisezionato al VAR e se si trova qualcosa di anche solo lontanamente discutibile si interviene sull’arbitro di campo che subito si convince (vedi Reggio Emilia). Una sorta di ‘sudditanza psicologica’ al contrario: se una volta gli arbitri avevano paura di fischiare contro la Juventus perché potente e se protestava col designatore poteva rovinarti la carriera, adesso pare che i direttori di gara fischino contro la squadra della città del designatore Rizzoli per timore di favorirla.
Recentemente lo ha esplicitato pure Sinisa Mihajlovic in conferenza stampa, parlando anche del caso europeo nella conferenza alla vigilia di Bologna-Lazio: «Il nostro designatore è bolognese e quello della UEFA è italiano (Roberto Rosetti, ndr), forse anche inconsciamente hanno paura di mostrarsi favorevoli al Bologna e ai club italiani… Sarà una cosa psicologica».
Ora è il momento di sentire chiara la voce della società, sebbene Riccardo Bigon in TV abbia già alzato la voce dopo il Sassuolo, perché i numeri iniziano ad essere pesanti e un intervento ufficiale è l’unica risposta possibile per avere rispetto dalla classe arbitrale. Che nel frattempo ha vissuto l’auspicato cambio al vertice: la fine dell’era Nicchi (presidente AIA per ben 12 anni, come lui nessuno mai) e l’elezione di Alfredo Trentalange, finalmente con un progetto di ampio rinnovamento. Sperando che nel ‘pacchetto’ sia compreso anche un trattamento diverso e più equo nei confronti del BFC.

Massimo Franchi

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