La bella stagione

La bella stagione

Tempo di Lettura: 4 minuti

Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa per gli amici di Zerocinquantuno perché una stagione così lo meritava. Ho scelto però un titolo che sicuramente trarrà in inganno: non faccio riferimento infatti al campionato del Bologna, e nemmeno al tempo meteorologico, ho optato per questo titolo pensando al docufilm diretto da Marco Ponti e tratto dall’omonimo libro di Gianluca Vialli e Roberto Mancini. La bella stagione racconta della vigilia del campionato 1990-1991, quando i giocatori della Sampdoria più importanti fecero un patto tra loro: nessuno se ne andrà in un altro club prima di vincere qualcosa insieme.
Quel patto fu mantenuto da tutti i senatori (Vialli, Mancini, Vierchowod e altri) di una squadra che era cresciuta tantissimo nelle annate precedenti, arrivando sempre più in alto. Quel patto li portò a vincere un incredibile scudetto e in seguito a giocarsi la finale di Coppa dei Campioni, purtroppo persa ai supplementari contro il Barcellona a Wembley il 20 maggio 1992.
Amo il Bologna dall’età di 8 anni, da quando col pass «al fangen l’é cun mé» entravo insieme ad Angelo Spisni, una delle maschere storiche dello stadio, salivo le scalinate della tribuna e mi mettevo dietro le colonne. Già, allora la tribuna aveva le colonne di cemento e ovviamente nessuno voleva andare a vedere la partita da lì, perché ti dovevi spostare continuamente per i ribaltamenti di fronte da una parte all’altra. Così Angelo mi diceva: «Stai lì finché non cominciano, poi se c’è posto vieni sotto vicino a me». Anche se da un punto di vista scomodo, ho iniziato a innamorarmi dei colori rossoblù. Erano gli anni in cui iniziai a ritagliare gli articoli di giornale del 1981, con sopra il golden boy Roberto Mancini, e poi a cantare: «Oh Fabio Fabio Poli, oh Fabio Fabio Poli, sai perché abbiamo scelto te… insieme a Marronaro, insieme a Marronaro, eh mammà torniamo in Serie A».
Passando dal bomber Sauro Frutti a Loris Pradella, dalla band di Maifredi alle magie del ‘Divin Codino’ (anche se è quasi blasfemo dirlo, nonostante fosse discontinuo io preferivo i colpi di Lajos Detari), per arrivare alle cannonate di ‘Beppegol’ Signori e Marco Di Vaio, da quel fangen di 8 anni oggi che ne ho 51 non posso che vedere il Bologna come una storia romantica. Ecco perché in queste settimane faccio parecchie similitudini con quella Sampdoria, mi domando se rimarranno tutti e se riusciremo a scrivere una storia simile anche col nostro amato BFC.
Ero talmente illuso da credere che i tanti articoli che da mesi davano Motta alla Juventus da mesi fossero infondati, credevo che alla fine l’amore per questi ragazzi e per la città fossero sinceri… Con Thiago mi sono sbagliato di brutto, confido invece nella squadra, spero che davvero l’unione del gruppo sia sincera, e che la società faccia il possibile e l’impossibile perché rimangano davvero: vorrei vederli giocare di nuovo tutti insieme per capire se questa favola può diventare ancora più bella.
Qualcuno giustamente mi dirà che l’epoca attuale non è adatta alle favole, se così fosse sabato sera il Borussia Dortmund avrebbe dovuto avere quel pizzico di fortuna in più e segnare un paio di gol al Real Madrid nel primo tempo, scombinando ogni pronostico, invece è andata come tutti si aspettavano: ha vinto il più forte e il più ricco. Io però continuo a immaginare un calcio che almeno in alcune occasioni sappia stupire: il Bologna di quest’anno non era nei pronostici di nessuno, eppure siamo andati in Champions.
Al termine di questa meravigliosa cavalcata rimane però un qualcosa di inspiegabile, almeno per me, visto lo straordinario campionato disputato: la gara contro la Juventus dal 75′ in poi, la successiva trasferta di Genova e il comunicato di Motta mi hanno lasciato un amaro in bocca che non dovrebbe esistere. È come se al catering di un matrimonio, dopo cento piatti squisiti ne arrivasse uno un po’ bruciacchiato e ti venisse da dire: «Peccato, festa rovinata». Eppure la sensazione rimasta è proprio quella.
Mi spiace per Thiago, non tanto per la scelta (magari se non andava alla Juve era meglio…) ma perché da bravo puffarolo ha fatto credere che la sua ‘creatura’ valesse più di tutto il resto, quando poi in realtà non era così. Anziché quella serie di sviolinate d’amore per i ragazzi e la piazza, sarebbe stato più onesto dichiarare: «La Juventus ha 36 scudetti, io avrò più ritorno d’immagine ad andare a vincere là che non restando qui a Bologna».
Quel famoso patto della Sampdoria venne rispettato, i migliori rimasero in blucerchiato e poi, dopo aver dimostrato di poter vincere ogni cosa o quasi, presero via via strade diverse. Loro ci credevano e ci provarono sul serio, Motta no, lui proverà a fare il fenomeno altrove (piccolo suggerimento da neofita: se vuoi concedere la standing ovation ai tuoi giocatori, lo fai attorno al 90′, come Ancelotti l’altra sera, non quando mancano venti minuti alla fine del match, seppure sul 3-0. Un po’ più d’umiltà non guasta mai nella vita).
Il mister ci ha tradito, mi auguro invece che i ragazzi si comportino diversamente. Spero in Joshua, spero in Riccardo: almeno un altro anno insieme a Orso, a Lewis, a Remo e a tutti gli altri provatelo a fare, stringetevi ancora e fate un patto per un’altra Bella stagione. Consapevoli di cosa: qualunque sarà il risultato, resterete per sempre nei nostri cuori.

Andrea Mascherini

© Riproduzione Riservata

Foto: Getty Images (via OneFootball)

Andrea Mascherini è il presidente di Coop Reno, partner di Zerocinquantuno dal 2016.