Chiamami aquila

Non chiamatelo ciclo

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La fede è una e dura una vita. Ma i tempi della fede non sono mai quelli del calcio. È un po’ come nel sistema solare: la fede è il sole, sta al centro e rimane ferma (anche se il sole in realtà si muove, ma di poco); attorno a lei, come pianeti, ruotano a ritmi più o meno vorticosi tutti i personaggi che alimentano quella fede: giocatori, allenatori, dirigenti, presidenti. E quanto sia difficile armonizzare questi movimenti lo mostra bene Le armonie di Werckmeister, un film di Béla Tarr girato nel 2000 in bianco e nero: in un bar di paese, alla vigilia di un’eclissi di sole, qualcuno cerca di spiegare agli astanti il movimento universale degli astri facendo roteare goffamente le persone su se stesse. Opera densa di metafore ed allusioni, che rimane comunque un lucido discorso politico volto alla condanna di ogni forma di totalitarismo. Ma non divaghiamo.
La fede è una, non si muove, non ha tempo perché non ha fine. Ma i suoi protagonisti si muovono. E il calcio di oggi si muove velocissimo, più veloce che in qualsiasi altra epoca. Prendiamo un tifoso del Bologna. Negli ultimi 100 anni di storia rossoblù ci sono stati 87 cambi in panchina, quasi uno all’anno di media, e 32 diverse proprietà. Che ogni volta si cerchi di usare la parola ‘ciclo’ o ‘programma’ fa quantomeno sorridere. I cicli nel pallone non esistono più, come non esistono più le bandiere. E chi magari lo è, per anni di militanza, di solito è irrilevante dal punto di vista storico: non a caso gli ultimi ‘veterani’ del BFC sono stati ottimi uomini come Morleo, Da Costa e Mbaye, calciatori che però non lasceranno tracce durature nella memoria collettiva.
Hermann Felsner fu un allenatore-bandiera; Schiavio era un giocatore bandiera, ma non percepiva stipendio; Nervo è stato una bandiera, ma appunto sono passati ormai quindici anni dal suo addio al calcio. Oggi l’unica bandiera del Bologna, paradossalmente, è un presidente che appare un paio di volte all’anno in Italia e che parla ancora meno. Ed è lo stesso presidente che da otto anni garantisce i presupposti della sopravvivenza di questo sistema solare in cui noi, al centro, contempliamo il vorticoso valzer dei pianeti. E allora non illudiamoci di aprire cicli. È sufficiente, in questo calcio impazzito, che non sa più controllare nemmeno la tecnologia VAR, continuare ad orbitare, sperando di veder sorgere nuovi soli e, nel frattempo, divertirsi un po’.

Luca Baccolini

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