Se si invoca il ‘progetto giovani’ bisogna poi avere pazienza. Questo Bologna andrebbe solo apprezzato

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Di solito sono i cultori del ‘progggetto gggiovani’ i primi a lamentarsi dei peccati d’inesperienza dei gggiovani. Fateci caso: a inizio stagione si invoca lo svecchiamento della rosa, si calcolano le medie anagrafiche di mezza Europa sostenendo che i migliori progggetti tecnici non puntano mai sugli over 22, si esaltano i sedicenni-UFO scovati su tuttoafricachannelfootball.com, si citano fantomatici procuratori che giurano d’aver visto la reincarnazione di Ronaldo nelle favelas di Rio, e poi al primo errore di uno di questi ragazzi ci si dimentica di tutto questo, si torna gerontocrati incalliti, nostalgici di Paolo Montero e Pietro Vierchowod. Come a dire: «È così, giovinastri irriconoscenti, che ripagate la fiducia che vi abbiamo dato?».
Fanno sorridere – ma neanche tanto – l’accanimento contro Tomiyasu, le critiche (!!!) a Ruffo Luci, il dito puntato contro Skov Olsen, roba partorita da quelli che non hanno il coraggio di prendersela direttamente con Mihajlovic. Incassare due gol nei minuti di recupero è un’arte masochistica rara, certo, ma non inedita. Ci è riuscito pure il Bayern Monaco, e non nella Coppa del Kaiser ma in una finale di Champions League. Figuratevi se non è possibile replicare l’impresa in una partita a porte chiuse, la sesta in venti giorni, in condizioni psicofisiche al limite per chiunque, giovani e meno giovani.
Questo Bologna, invece, andrebbe solo apprezzato per essersi immediatamente tolto dai patemi della bassa classifica, o meglio per non esserci mai entrato, nonostante una stagione a dir poco tribolata. Con sei giornate d’anticipo, decimo e non diciassettesimo, vede già la possibilità di eguagliare il risultato dell’anno passato, puntando poi a quota 50. Pare poco? Oppure vogliamo tornare indietro all’epoca, tutt’altro che remota, in cui il verdetto delle gare arrivava già implacabile prima dell’intervallo, con il Frosinone nei panni del nostro carnefice?

Luca Baccolini

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