Colle Ameno, il borgo che custodisce memoria

Colle Ameno, il borgo che custodisce memoria

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Poche case basse da cui si affacciano sguardi curiosi, qualche bambino che gioca tra le stradine di erba e pietra, un parco che si apre su di un colle, un’osteria per ristorare viandanti e visitatori, le botteghe artigiane, un museo per ricordare chi ha lottato per la libertà e non dimenticare la crudeltà umana, un antico portone in legno che custodisce la sacralità di un tempo che pare essersi fermato. Per scoprire tutto questo basta percorrere circa venti chilometri da Bologna e arrivare a Colle Ameno, borgo settecentesco edificato per volontà del marchese bolognese Filippo Carlo Ghisilieri, all’interno del Comune di Sasso Marconi.

Il borgo di Colle Ameno

Il fascino dell’architettura illuminista (uno dei pochi esempi esistenti sul territorio) si contamina con la brulicante vita del borgo che ripercorre oggi i fasti di un tempo, come le botteghe che riproducono i temi delle maioliche che quattro secoli fa resero celebre Colle Ameno. Qui, a metà del XVIII secolo, venne costituita un’Accademia che divenne luogo di ritrovo per i notabili dell’epoca: letterati, teologi, matematici, filosofi e poeti si ritrovavano per confrontarsi, pubblicando in volumi – grazie ad una stamperia locale – le conclusioni di quegli ‘eruditi conversari’.

L’improvvisa dipartita del marchese, avvenuta nel 1765, segnò una brusca cesura nella vita del borgo: il suo erede Francesco Pio dilapidò in pochi anni l’eredità culturale del borgo, che sprofondò rapidamente in un anonimato che durò per quasi due secoli. Ridotto ormai ad un rudere, a Colle Ameno toccò la più orribile delle sorti: durante il Secondo conflitto mondiale divenne un centro di rastrellamento dei tedeschi. Un’impronta che rimase ben impressa tra le mura del borgo, che fortunatamente riprese a ospitare nel dopoguerra prima gli sfollati, e successivamente alcuni nuclei familiari che vi si insediarono stabilmente.

L’anno della definitiva svolta fu il 1990, quando il Comune di Sasso Marconi, dopo aver acquistato qualche tempo prima gran parte degli spazi, diede inizio ai lavori di restauro degli spazi abitativi, delle botteghe artigiane e infine di Villa Davia, inaugurata lo scorso marzo.

Veduta aerea di Villa Davia

Il ricordo delle vittime di Colle Ameno è tornato a vivere grazie alla creazione dell’Aula della Memoria, inaugurata nel 2007: un segno tangibile delle brutalità della guerra, in una zona che ha vissuto alcuni dei più efferati episodi della barbarie bellica, come la strage di Marzabotto.

La necessità di ricordare ha aperto la strada, nei primi anni Duemila, all’istituzione di una ricorrenza civile, la Pastasciutta Antifascista. «Questa ricorrenza è nata a Gattatico – spiega Liliana Papandrea, segreteria della sezione ANPI di Sasso Marconi – il 25 luglio 1943, quando alla notizia della caduta del fascismo, Alcide Cervi, padre dei sette fratelli brutalmente assassinati dai fascisti il 28 dicembre 1943, diede disposizione di preparare pastasciutta, condita con burro e parmigiano, da distribuire gratuitamente a tutta la cittadinanza. Ce ne furono molte di feste del genere, celebrate in modo discontinuo. Più di vent’anni fa all’Istituto Cervi si iniziò invece ad onorare questo anniversario civile con continuità, riprendendo la tradizione della pasta. Dodici anni fa la segretaria dell’ANPI di Sasso Marconi, Carmela Cardini, si recò a Gattatico, scoprì questo evento e decise di portarlo anche a Sasso Marconi. Siamo stati la prima realtà a gemellarci con l’Istituto Cervi, poi negli anni diverse realtà cittadine in tutta Italia hanno aderito a questa iniziativa. Oggi sono 65 i Comuni che organizzano la Pastasciutta Antifascista, a riprova di quanto questa festa sia sentita».

La famiglia Cervi insieme ad alcuni visitatori sul podere dei Campirossi (26 agosto 1955)

Per la prima edizione Carmela Cardini invitò a Sasso Marconi Don Luigi Gallo, simbolo della Resistenza, e migliaia di cittadini presero parte all’evento. L’intento era, e rimane tuttora, parlare di temi legati all’antifascismo quali libertà, Costituzione, pace e antirazzismo, condividendo un piatto di pasta. «Questa iniziativa – continua Liliana – nasce anche per mettere in rete le varie realtà del territorio. Ognuna di esse contribuisce a suo modo alla realizzazione dell’evento: da chi presta le pentole per cuocere il sugo, a chi taglia il prato, a chi viene a suonare. E questo è il bello della festa, fatta tutti insieme seguendo certi valori anche nelle scelte organizzative, che prevedono l’uso di prodotti a chilometro zero e quello della stoviglioteca per evitare la produzione di rifiuti in plastica».

Alcide Cervi e l’amico Angelo Miglioli chiacchierano sul podere dei Campirossi davanti alle arnie per la produzione del miele (estate 1969)

Tra i partner, vi sono realtà importanti come Emergency, Legambiente, Slow Food, le associazioni e le istituzioni territoriali. Oltre ad esse, vi è inoltre Bobo Place, una bottega in cui giovani artisti lavorano alla realizzazione di decorazioni, grafiche d’arte e oggetti di design attraverso la stampa digitale, la pittura, la lavorazione del legno e la serigrafia. Quest’ultima ha permesso nel 2021 di realizzazione le maglie della manifestazione, stavolta dedicata proprio a Carmela, recentemente scomparsa. Il tema scelto è quello a lei più caro, l’impegno. La domanda che si pone è semplice: cosa puoi fare per la società? La risposta è più facile di quanto si pensi. La differenza, perché nulla è superfluo, ogni gesto è una piccola rivoluzione.

Abbraccio tra i partigiani Bruno Monti e Don Luigi Gallo sotto gli occhi di Carmela Cardini durante la Pastasciutta Antifascista del 2011 a Sasso Marconi

Giuseppe Mugnano

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Foto: borgodicolleameno.it