Fondazione MAST, istantanee di un mondo che cambia

Fondazione MAST, istantanee di un mondo che cambia

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Dove smettono di rincorrersi i portici e incalzano i reticoli di periferia, in cui gli spazi verdi regalano ossigeno ai mattoni, sorge una moderna cattedrale che celebra la modernità. Passeggiando tra le strade del quartiere Borgo Panigale-Reno, con vista sul Santuario della Madonna di San Luca, è impossibile non venir catturati da questo colosso di vetro, un gioiello d’architettura in cui si riflette una nuova idea di città: innovazione nel rispetto dell’ambiente. È la Fondazione Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia, o più semplicemente MAST. Oltre 25 mila metri quadrati dedicati alla cultura, al cui interno trovano spazio un auditorium, un asilo nido, un centro wellness e aree di ristoro, pensate in primo luogo per i dipendenti di Coesia, azienda specializzata in soluzioni industriali e packaging basato sull’innovazione, che nel 2013 ha dato vita alla Fondazione.

L’ingresso principale di Fondazione MAST

«La Fondazione MAST – come spiegano – aspira ad essere un luogo aperto nel quale ogni cittadino ha accesso all’apprendimento, alle arti, alla fotografia del mondo del lavoro, al fine di rappresentare una destinazione culturale che stimola e coinvolge coniugando crescita e benessere delle persone».

In quasi otto anni di storia, il MAST ha dato un nuovo impulso alla vita culturale di Bologna, ospitando personaggi e iniziative di grande prestigio: conferenze, concerti, talk, workshop, performance teatrali, proiezioni e attività per i più piccoli, ma soprattutto mostre fotografiche, il vero fiore all’occhiello della Fondazione. In particolare, Foto/Industria, rassegna biennale di fotografia dell’industria e del lavoro che ogni anno espone le opere di grandi fotografi e di talenti emergenti provenienti da tutto il mondo, ha espanso le attività del MAST ben al di fuori dei suoi confini fisici, coinvolgendo molti luoghi pubblici e privati della città.

Fotografie di Richard Mosse installate in Fondazione MAST per la mostra Displaced

Nell’estate del 2019, difatti, le immagini mozzafiato di Anthropocene, documentario che narra l’influenza negativa dell’uomo sull’ambiente (realizzato in occasione dell’omonima mostra presso la Fondazione), sono state protagoniste di uno dei momenti più suggestivi della XXXII edizione della kermesse cinematografica Sotto le stelle del cinema, che ogni anno la Cineteca di Bologna organizza in piazza Maggiore. Un evento che ha condotto ancora una volta la Fondazione MAST fuori dalle sue porte, arrivando fino al cuore della città, per poi consentire a centinaia di visitatori di ammirare dal vivo l’esposizione fotografica.

Edward Burtynsky – Oil Bunkering #4, Niger Delta, Nigeria (2016)

Quest’anno la Fondazione MAST festeggia la maggiore età, e per l’occasione si regala una nuova mostra (la sua venticinquesima e, considerato il periodo, vi è da fare un plauso per il grande impegno profuso): Displaced, la prima mostra antologica del fotografo irlandese Richard Mosse (curata da Urs Stahel). Si tratta di 77 immagini che testimoniano il cambiamento climatico, le onde migratorie verso l’Europa e i conflitti nei viaggi compiuti dall’artista in giro per il globo nel corso della sua ventennale carriera. Congo, Grecia, Turchia, Kosovo, Iraq, molte delle zone ‘calde’ del nostro pianeta, laddove l’uomo ha portato distruzione, vengono fotografate da Mosse e trasformate in opere d’arte contemporanee attraverso una tecnica fotografica altamente tecnologica e fuori dagli schemi.

Richard Mosse – Souda camp on Chios Island, Greece (2017)

È il caso della sua fotografia del 2017 nel campo profughi dell’isola di Chios, realizzata con una tecnica di derivazione militare, dove sembra quasi di guardare attraverso il binocolo a raggi infrarossi di un soldato. O ancora lo scatto – che apre la mostra – del 2012 a Platon, nella Repubblica Democratica del Congo, dove l’artista «rende visibile l’invisibile»: qui il paesaggio, nelle sue tinte violacee, apre a uno scenario postbellico che, come accade in altre fotografie dello stesso periodo, richiama l’attenzione alla guerra civile ruandese del 1994, al seguito della quale molte delle milizie si sono trasferite nella RDC. Durante questa esperienza Mosse fotografa spesso i militari, e con essi i civili, spettatori attoniti di un conflitto che non conosce ragioni.

Richard Mosse – Hombo, Walikale, eastern Democratic Republic of Congo (2012)

Lo spettatore, sala dopo sala, viene risucchiato in un climax di emozioni culminante nelle due installazioni video, dove la sofferenza corre sulla sua pelle e lo annichilisce.

Quelle proposte dalla Fondazione MAST, in particolar modo nelle sue ultime mostre, sono istantanee di un mondo che cambia, senza però che nessuno lo fermi dall’autodistruzione. Vi è la chiara intenzione di far riflettere, interrogarsi sulle ragioni che guidano i nostri comportamenti.

Ogni fotografia è un invito ad alzarsi, ad urlare, a reagire, a diventare parte attiva di qualcosa che ci riguarda molto da vicino: l’essere umani.

Fotografie di Richard Mosse installate in Fondazione MAST per la mostra Displaced (ph. Graziella Federica Giunta)

Giuseppe Mugnano

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Foto: mast.org