La Resistenza non è finita

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Capita a volte di leggere storie sovrascritte, ridisegnate in base alle latitudini geografiche, ai mutamenti dell’ambiente in cui si sono inserite, nascondendo alcuni frammenti del racconto che ne potrebbero modificare l’intreccio.

Circa ottant’anni fa il nostro Paese ha vissuto una guerra civile lunga quasi due anni, trasformatasi in una resa dei conti tra i fascisti e i partigiani. Tutti conosciamo l’esito di quello scontro, che vide migliaia di morti innocenti. Ancora oggi molti nutrono dubbi su chi avesse ragione e rivendica un racconto della storia che nulla ha a che vedere con gli ideali di libertà, uguaglianza e giustizia. Ancora oggi c’è chi identifica banalmente come ‘comunisti’ chi ha lottato per ottenere qualcosa che ora diamo per scontato: la democrazia.

Trekking urbano organizzato da Resistenze In Cirenaica nel 2016 presso la lapide partigiana in via Bentivogli

Esiste a Bologna un cantiere culturale permanente che dal 2015 ha riportato al centro queste tematiche, tracciando una nuova mappa geografica. Si chiama Resistenze In Cirenaica, come il quartiere in cui si è formato. Sono studiosi, specializzati in materie diverse che hanno unito le loro conoscenze per dare vita ad una memoria storica collettiva all’interno di un quartiere che prende il suo nome da eventi di cui dovremmo andare tutt’altro che fieri. Si parla di colonialismo, ovvero del tentativo che il regime fascista (ma in realtà già il Regno d’Italia prima di esso) fece per imporre il proprio dominio in Africa nel primo Novecento. Un tentativo che fallì miseramente. Il fascismo, poi, segnò l’esistenza di numerose persone, molte delle quali la storia ha dimenticato.

Cartello con la storia del rione Cirenaica

Lo scorso 8 marzo, come accade dalla sua nascita, Resistenze in Cirenaica ha affisso in alcune strade del rione Cirenaica i nomi delle donne (e sarebbero potute essere molte di più) che hanno sacrificato la loro vita per combattere il totalitarismo. La loro azione viene definita ‘guerriglia odonomastica’, che il collettivo definisce come «uno strumento per riscuoterci dall’amnesia, un atto di resistenza con valore contro-informativo che contribuisce a smontare le false credenze e a mettere in rilievo storie accantonate o ignorate». Consiste quindi nell’aggiunta di targhe e adesivi, posti sotto i convenzionali cartelli stradali, dove vengono indicate e spiegate le storie di questi personaggi (o, in altri casi, vengono sottolineati i ruoli di altri personaggi storici controversi a cui sono dedicati i nomi di alcune vie di Bologna). Così sono comparsi i cartelli di Kebedech Seyoum, capitana della resistenza etiope; Estelle ‘Sylvia’ Pankhurst, pittrice, poetessa e giornalista di origine inglese ma soprattutto fervente oppositrice del colonialismo italiano in Etiopia; Lekelash Bayan, nome di battaglia ‘Belew’ (በለው, ‘colpiscilo’ in lingua amarica), tra le protagoniste della resistenza al colonialismo italiano in Etiopia; e ancora, le partigiane Vinka Kitarović (‘Lina’ per i bolognesi e ‘Vera’ per i modenesi), Adalgisa Gallarani e Tolmina Giuliana’ Guazzaloca.

Targa apposta da Resistenze In Cirenaica in via Libia per omaggiare la partigiana Vinka Kitarović

Disegni dedicati da Resistenze In Cirenaica alla partigiana Vinka Kitarović

Infine, nello slargo davanti al mercato Cirenaica in via Sante Vincenzi, un’insegna dedicata a Violet Gibson (nome con cui Resistenze In Cirenaica è anche solito definire la propria brigata durante alcune delle sue azioni), pacifista proveniente da Dublino che, arrivata nel 1925 a Roma, l’anno successivo attentò alla vita di Mussolini esplodendo due colpi di pistola. Quel gesto di coraggio le costò la libertà, perché fu estradata a Londra dopo un processo sommario che le attribuì l’infermità mentale e restò rinchiusa per trent’anni in un manicomio, terminando lì i suoi giorni.

Queste e molte altre vicende sono riportate nella quarta raccolta di racconti del collettivo, dal nome Quaderni di Cirene. Sfogliandone le pagine, si riannoda il filo della nostra memoria, venendo a conoscenza delle storie di persone a cui dovremmo fare un inchino ogni qual volta si passa davanti al cartello che ne ricorda il nome. È il caso di Giovanna Zaccherini Alvisi, detta ‘Giannina’, una partigiana che per le sue azioni antifasciste nel 1927 fu torturata e incarcerata per un anno e mezzo a Regina Coeli. Una volta libera, proseguì la lotta e fu di nuovo arrestata nel 1934. Durante la Resistenza, poi, ebbe parte attiva nell’aiutare i suoi compagni nell’approvvigionamento di viveri e armi, che nascondeva nel negozio di famiglia in via Broccaindosso (dove oggi sorge una ciclofficina). Il coraggio e la tenacia di questa donna, che ispirò anche sua figlia Liliana che si schierò al suo fianco, è celebrato in una delle vie che delimitano i confini del quartiere Cirenaica, oltre che in un asilo nido di quella strada, come ne ricorda un panel al suo interno.

La famiglia Alvisi davanti al loro negozio di calzature in Strada Maggiore a Bologna nel 1927

Ho abitato in quella via per quasi quindici anni e ignoravo la sua storia, così come immagino molti di voi. Questo perché diamo troppa poca importanza a ciò che ci circonda. Dimentichiamo da dove proviene la nostra libertà, pensiamo che sia un diritto garantito e non da conquistare ogni giorno. Crediamo che una guerra non possa più esserci, e non ci rendiamo conto che ne combattiamo e ne dovremmo combattere quotidianamente, semplicemente esprimendo la nostra opinione, rompendo il silenzio che può trasformarsi in prigione dell’anima. Cercando, nel nostro piccolo, di fare la nostra parte per la comunità. Partigiano è chi si schiera dalla parte del più debole, fascista è chi crea divisioni.

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Giuseppe Mugnano

Foto: resistenzeincirenaica.com