Una generazione alla frutta (Eredità senza beneficio d'inventario) - Quinto capitolo: La scienza 'socialista'

Una generazione alla frutta (Eredità senza beneficio d’inventario) – Quinto capitolo: La scienza ‘socialista’

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Quinto capitolo: La scienza ‘socialista’

In quegli anni si spalancavano al popolo le pagine della grande politica e della scienza seria. Era in corso una specie di tiro alla fune sul significato autentico o tendenzioso della parola ‘pace’. Aleggiava l’ombra di Hiroshima. Si inneggiava al progresso. Lo si scriveva col gesso bianco anche sui muri, ancora non del tutto puliti dagli sbaffi dei neri caratteri degli slogan del ventennio. «Il governo che userà la bomba atomica sarà considerato criminale di guerra». La massaia che è stata bracciante ed è affaccendata sulla comodità del fornello a gas, o pipigas, percepiva di avere diritto ad un giusto scatto d’orgoglio: «Abbiamo fatto tanto noi per il progresso».
I nostri fratelli maggiori discutevano di filosofia morale e di scienza sociologica e i dibattiti potevano tenersi indifferentemente all’osteria come sul sagrato della chiesa della propria parrocchia. Un discorso importante concerneva per esempio l’opportunità che la propria fidanzata fumasse in pubblico. L’opinione prevalente fu che no, non era opportuno. Poteva fare eccezione, con dubbia deroga, se eri ‘tu’ ad offrirle la zigaratta.
Il mio amico dei libri invece, tornando da scuola con la cartella in mano, m’introduce ad una conoscenza di fondamentale importanza, impensabile fino a qualche anno prima e che sarà d’uopo io esponga in lingua originale con debita traduzione:

«L’omen al vénn da la sémmia». «L’uomo viene dalla scimmia».

Come si evince, l’esordio è fulminante. Segue lo svolgimento:

«Vàddet, l’òmen l’è una bîstia egoéssta». «Vedi, l’uomo è un animale egoista».
«Mò, con l’educaziån, t’al po’ fèr guintèr sozialéssta». «Ma, con l’educazione, puoi farlo diventare socialista».

Il prosieguo è sconcertante. Abbiamo appena dieci anni e scendiamo alle profondità dell’Essere:

«A cal pònt que, quant ai nâs un fiôl, al fiôl l’è piò sozialéssta che so pèder». «A questo punto, quando gli nascerà un figlio, il figlio sarà più socialista di suo padre».
«E al fiôl dal fiôl, al sarà piò sozialéssta ancåura». «E il figlio del figlio sarà più socialista ancora».

‘Un poco’ più socialista. Un poco per volta, questo è un concetto difficile. Il mio amico mi spiega che ci vuole il suo tempo e un po’ di pazienza.
Ci vorrà un qualche anno anche a noi per apprendere che l’asserto è viziato nelle procedure e nelle conclusioni. Il fatto è che la scienza socialista non si era ancora accorta di un abbaglio. Era successo che un geniale agronomo sovietico, di nome Lisenko, si era messo in testa di educare il frumento a crescere anche in Siberia. Stalin ci aveva creduto, spostando colà immantinente qualche milione di russi, fiducioso che presto sarebbero maturate le spighe. Il risultato fu di qualche milione di morti per fame. E va bene. All’epoca che il mio amico mi istruiva, l’errore non era stato ancora corretto: ma sulla strada ghiaiata dove non era ancora arrivato l’asfalto, e a crocchi saltavamo nei fossi, chi a cercare germogli di citrosa érba bróssca e chi a cercare polle primaverili di viole mammole, era così che noi intanto ci davamo nozione di fondamentali discorsi.
Del resto il mio amico aveva autorità di opinione. Qualche anno dopo avremmo detto che lui era un leader. Se l’era guadagnata non solo leggendo i libri e i giornali con suo padre e suo fratello, ma soprattutto perché la Francesca, la più bella tra le ragazze di un paio d’anni più grande di noi, che faceva già le medie a Bologna, «gliel’aveva fatta vedere».

Continua…

Bombo

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