Svanberg: “Io, papà e giocatore felice al Wolfsburg. Ma al Bologna e a Sinisa devo tanto, e quando vedo il Dall’Ara vorrei essere lì con voi”

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Quando nell’estate del 2019 l’allora direttore sportivo rossoblù Riccardo Bigon lo prelevò dal Malmö per circa 4,5 milioni di euro, Mattias Svanberg era solo un talentuoso ventenne che prometteva tanto ma doveva dimostrare tutto su un palcoscenico prestigioso e difficile come la nostra Serie A. Ora, invece, se ci voltiamo indietro possiamo tranquillamente indicarlo come uno dei giocatori più importanti dell’era Saputo, e se guardiamo al presente riconosciamo in lui un centrocampista di caratura europea. Sì, perché questo biondissimo svedese classe 1999 ha saputo lasciare un segno gentile ma ben riconoscibile sulla storia recente del Bologna, ‘abitando’ quell’epoca intermedia che è poi evoluta nel rinascimento degli ultimi due anni e mezzo. E adesso continua a mettersi in luce, andando a caccia dell’Europa col Wolfsburg e perché no, addirittura del mondo insieme alla sua Nazionale. Questo pomeriggio è stato davvero bello ritrovarlo, seppur solo in video, chiacchierare con lui (che di recente è anche diventato papà) e constatare che, oltre a parlare ancora un ottimo italiano, porta sempre nel cuore il club e le persone che hanno contribuito a renderlo l’uomo e il calciatore che è oggi.

Ciao Mattias, è un piacere ritrovarti: il tempo vola, sono già passati sei anni da quella prima intervista italiana a Casteldebole… «Eh sì, sono successe tante cose nel mentre ma mi ricordo benissimo (sorride, ndr)».

La notizia più bella è che tu e Alice siete diventati genitori, congratulazioni! «Sì, lo scorso settembre è nata la piccola Ellie, che ha cambiato le nostre vite nel miglior modo possibile: ora siamo in tre e siamo felicissimi».

Intanto il campo dice che il Wolfsburg, dopo un ottavo e un dodicesimo posto, si sta giocando un piazzamento in Europa e la Coppa di Germania: siete pronti per un grande finale di stagione? «In campionato siamo noni ma solo quattro punti ci separano dal quarto posto, ci sono tante squadre in quella zona e sarà una bella lotta. Negli ultimi mesi siamo cresciuti tanto come gruppo, lo si vede anche dalla compattezza che abbiamo in campo, infatti nel 2025 pur avendo affrontato varie formazioni che ci precedono abbiamo perso solo contro il Bayern Monaco: se vogliamo arrivare in alto dobbiamo mantenere questo ritmo».

Per te 80 presenze, 8 gol e 11 assist dal 2022 in poi, numeri importanti: senti di essere vicino alla piena maturità calcistica? «Posso dire che mi sento cresciuto e che senza dubbio aver trovato continuità d’impiego, a parte qualche infortunio, mi ha aiutato tanto: sono più maturo, non ho timore a prendermi delle responsabilità e cerco di aiutare la squadra in ogni momento. Il ruolo che ricopro è lo stesso di Bologna, gioco prevalentemente da mezzala, solo di rado vengo abbassato con compiti più difensivi».

Quali sono le principali differenze che hai riscontrato fra il calcio tedesco e quello italiano? «Adesso avverto meno la diversità ma all’inizio non è stato semplice, perché il livello tecnico-tattico è più alto in Italia ma in Bundesliga si gioca a ritmi più elevati e con una maggiore intensità: durante i primi mesi vedevo che la palla andava di qua e di là e si faceva su e giù di continuo, senza mai rifiatare, mentre in Italia mi ero abituato a situazioni in cui ci si metteva lì tranquilli a gestire il possesso almeno per qualche minuto (sorride, ndr)».

Ti capita di seguire il Bologna ogni tanto? Sei rimasto in contatto con qualche tuo ex compagno? «Sento ancora qualcuno che è rimasto e altri che come me sono andati altrove, non riesco sempre a vedere le partite ma mi informo sui risultati a faccio il tifo, perché per me il Bologna sarà sempre il club che da ragazzino mi ha fatto diventare uomo: ce l’ho nel cuore. Ammetto che la città mi manca molto e l’estate scorsa sono venuto due-tre giorni insieme alla mia famiglia, è stato bello ed emozionante».

Fonte: Mario Carlini/Iguana Press/Getty Images (via OneFootball)

Avresti mai pensato che la squadra sarebbe riuscita ad arrivare addirittura in Champions League? «In un certo senso sì, quantomeno in Europa. Nel mio periodo siamo sempre stati una buona squadra, però ci mancava quell’ultimo step, quello scatto in termini di punti e consapevolezza. Il gruppo guidato da Motta è riuscito a compierlo, giocando benissimo e trasformando in vittorie quasi tutte quelle partite che prima noi pareggiavamo. E ovviamente questo, nell’arco di una stagione, fa tutta la differenza del mondo».

Tu, Nico Dominguez, Schouten, Tomiyasu, Calafiori, Zirkzee e così via, fino a Castro e Benja Dominguez, l’area tecnica del BFC ha un fiuto notevole per i giovani talenti… «Sì, la società ha svolto davvero un ottimo lavoro in tal senso. Qui con me al Wolfsburg c’è pure Skov Olsen, che lì ha fatto più fatica ma poi al Club Brugge è esploso ed è arrivato a giocare e segnare in Champions. Prima magari spiccava in particolare l’aspetto economico, con rivendite importanti dopo un’accurata valorizzazione, adesso i risultati sul campo stanno andando di pari passo e quindi direi che sia stato raggiunto un perfetto equilibrio».

Nel tuo caso fu una scelta personale quella di non rinnovare e andare via, giusto? «Sì, e come detto non fu una decisione semplice perché a Bologna stavo benissimo, ma dentro di me sentivo di voler provare una nuova esperienza dopo quattro anni in Italia. Pensavo appunto alla Germania o all’Inghilterra, e alla fine la proposta del Wolfsburg è stata quella che mi ha convinto».

Fra i tanti, c’è un ricordo del tuo periodo in maglia rossoblù che conservi con particolare affetto? «Difficile dirne uno solo… Forse il gol che ci consentì di battere 1-0 la Roma in casa al termine di una gara sofferta (era il 1° dicembre 2021, ndr), quello rimarrà sempre speciale, ma penso anche alla precedente sconfitta di Empoli che ci costò una settimana di ritiro: al ritorno in campo battemmo 3-0 la Lazio e al Dall’Ara si respirava un’euforia incredibile. Poi ovviamente tanti episodi legati a mister Mihajlovic».

Sarebbe stata la prossima domanda, procedi pure a ruota libera… «Sinisa è stato un campione, nel calcio e nella vita: un uomo incredibile, una figura determinante per la mia crescita (si commuove, ndr). Abbiamo trascorso anni difficili, specialmente lui, ma non l’ho mai visto nemmeno un giorno senza coraggio: questo si rifletteva anche sul campo, era facile giocare e dare tutto per una persona che pur di non abbandonare il suo lavoro e i suoi ragazzi faceva l’impossibile. I ricordi che mi legano a lui li porterò con me per sempre».

Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)

Un paio di curiosità guardando alla Svezia… Quanto ancora può crescere Holm? E qual è il reale valore di Karlsson? «Parto da Jesper, un ragazzo che ha tecnica, velocità, tiro e tante altre doti, non gli manca nulla. Immagino quindi che il problema sia di natura tattica, arrivando da un campionato come quello olandese dove in sostanza poteva fare ciò che voleva: in Italia, ne parlavo prima, se non entri dentro certi meccanismi e non svolgi bene entrambe le fasi puoi incontrare delle difficoltà. Sono però convinto che valga la pena aspettarlo: una volta completato questo adattamento, magari proprio a Lecce, si vedrà il vero Karlsson. Quanto a Emil, lui gioca con regolarità in Serie A dal 2022 e ormai si è ambientato alla perfezione. Poi è alto e grosso ma pure rapido, e con la resistenza che ha potrebbe correre tutto il giorno (sorride, ndr): ha solo 24 anni e continuando così diventerà un grande terzino. In generale mi fa piacere che il Bologna continui ad avere fiducia in noi svedesi».

Quali sono i prossimi obiettivi che ti sei posto? «Il primo è andare in Europa col Wolfsburg, perché quest’anno abbiamo una bella squadra e sono convinto che possiamo riuscirci. Poi guardo alla Nazionale e alle qualificazioni per il Mondiale 2026 che inizieranno a breve: l’attuale rosa svedese è una delle più interessanti degli ultimi anni e il nostro tridente offensivo composto da Kulusevski, Gyokeres e Isak è potenzialmente tra i più forti in assoluto, quindi non possiamo fallire».

Concludiamo con un tuo saluto ai tifosi del Bologna, sperando magari di affrontarci in una coppa europea il prossimo anno… «Li abbraccio forte e gli dico di non smarrire mai la voglia e la capacità di infondere coraggio nella squadra cantando dal primo all’ultimo minuto, non è una cosa che accade ovunque: l’atmosfera che si crea al Dall’Ara è speciale e la curva è davvero incredibile. Vedo spesso su Instagram i video in cui in ragazzi vanno sotto l’Andrea Costa dopo le vittorie e ammetto che quei momenti mi mancano molto, vorrei essere anch’io lì con loro a festeggiare».

Simone Minghinelli

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Foto copertina: Leon Kuegeler/Getty Images (via OneFootball)