Motta non si è comportato in modo tale da essere rimpianto, è mancata la gratitudine reciproca

Motta non si è comportato in modo tale da essere rimpianto, è mancata la gratitudine reciproca

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La gratitudine è quel sentimento che prospera soltanto se condiviso. Quando è unilaterale, invece, emette automaticamente quella tossina chiamata rancore. Il recente addio di Motta ne è un esempio fisiologico e lampante. Entrambe le parti meriterebbero gratitudine reciproca: quando Thiago arrivò a Bologna era l’ex allenatore dello Spezia, ora lo è – in pectore – della Juventus; quando il Bologna prese Thiago la squadra navigava a vista con un mister tristemente alla fine dei suoi giorni (sebbene ancora non si sapesse), reduce da annate ripetitive e mediocri, ora invece si prepara ad affrontare l’élite europea.
Motta e il Bologna si sono dati innegabili vantaggi reciproci, e difficilmente si potrebbe immaginare l’avvenire di entrambi senza il contributo vicendevole di uno e dell’altro. Poi è arrivato il momento di dirsi addio. Che il Bologna avesse intenzione di proseguire con Thiago era fatto risaputo; che Motta abbia rimandato il discorso il più avanti possibile, altrettanto. Procrastinare, però, è stato un ingrediente fondamentale per la riuscita trionfale della stagione. Prova ne sia che il campionato del BFC ha retto ai massimi livelli fino alla partita contro la Juventus, o almeno fino a tre quarti di essa. Dopodiché, con gli ultimi 120 minuti è cominciato il rompete le righe.
Dal post Juve in avanti, Motta ha avuto una settimana di tempo per annunciare l’intenzione di non proseguire la sua avventura rossoblù, cosa che invece è stata comunicata solo dalla società. Una questione di forma? Eccome. Per settimane il tecnico ha ripetuto che «comunicheremo la decisione», usando la prima persona plurale. Ma al momento decisivo quel ‘noi’ è diventato di fatto solo ‘l’io’ di Saputo, che (fatto inedito in un comunicato del genere) ha sottolineato la sua frustrata volontà di trattenere l’allenatore.
Anche dopo quel comunicato Thiago non ha trovato un minuto di tempo per salutare la piazza, spiegando ragioni personali che nel frattempo, però, erano diventate esigenze collettive: di conoscere, di capire, di metabolizzare anche le decisioni più faticose da digerire. L’addio dell’italo-brasiliano (o meglio, il modo con cui si è congedato) riscrive in negativo i termini di una relazione che si è retta solo (e non è comunque poco) sulla forza di numeri straordinari: 31 vittorie, 23 pareggi e appena 16 sconfitte, una media da 1,65 punti a partita sommando i due campionati. Ma umanamente, almeno nell’epilogo di questa parabola, Motta non si è comportato in modo tale da essere rimpianto, anzi, resterà forse il ricordo peggiore passato da queste parti.
Poco importa che la sua squadra prescelta sia la Juventus, il Barcellona o qualsiasi altra. Bastava un messaggio, e tutti avrebbero capito. Quando Baggio accettò la proposta dell’Inter dopo un solo anno in rossoblù, decise di comprare una pagina sui principali quotidiani bolognesi, per salutare i 27.000 abbonati che lo avevano seguito come un dio. Idem Mihajlovic, per giunta nella condizione di allenatore esonerato (e con ben altri pensieri nella testa). Se Motta avrà voglia di stupirci in modo analogo, ben venga. E allora saremo pronti a ricrederci. Ora però passiamo oltre.

Luca Baccolini

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Foto: Getty Images (via OneFootball