Non chiamatelo miracolo: alla base di questo super Bologna c'è un lavoro che parte da lontano

Non chiamatelo miracolo: alla base di questo super Bologna c’è un lavoro che parte da lontano

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In religione un miracolo rappresenta un fenomeno dal connotato positivo, non determinato da cause naturali ma originato da un intervento divino. Ecco dunque che, uscendo dal piano teologico e portandoci su quello sportivo, l’etichetta di ‘miracolo’ accostato al Bologna rischia di stonare e non rendere merito a quanto costruito e realizzato durante gli ultimi nove anni.
La vetrina, come forse normale e fisiologico che sia quantomeno per occhi esterni, se la prendono Giovanni Sartori e Thiago Motta. Il primo, arrivato sotto le Due Torri nel giugno 2022, ha ovviamente portato in dote tutta la sua esperienza, conoscenza e competenza, un fantastico mix che si riflette in sessioni di mercato intriganti e sempre centrate, esaltate ancora di più dal secondo, un autentico amplificatore del valore complessivo della squadra tramite una proposta calcistica all’avanguardia, piacevole, sempre riconoscibile e che paga dividendi clamorosi.
Il loro approdo a Bologna, però, non sarebbe stato possibile senza le solide basi poste in precedenza: partendo proprio dall’allenatore italo-brasiliano, una scelta ben precisa e condivisa dall’intera dirigenza (su input del d.s. Marco Di Vaio), fatta in un momento difficilissimo come quello post esonero del compianto Sinisa Mihajlovic. Lì sarebbe sicuramente stato più semplice abbracciare un profilo ‘conservatore’ e ‘normalizzatore’ in panchina, il cosiddetto ‘usato sicuro’, senza il quale non si sarebbero verosimilmente raggiunti certi picchi: la forza e la volontà di credere nel valore della squadra costruita.
Ma è il solco tracciato da Joey Saputo e Claudio Fenucci a partire dal 2015 che alla fine ha permesso di mettere concretamente le mani su un uomo di calcio e di mercato dello spessore di Sartori. Parliamo di un proprietario che non ha mai fatto mancare risorse alla società, la quale nel corso degli anni ha risposto (malgrado qualche incidente di percorso che è servito di lezione) con un’opera di patrimonializzazione e crescita, allestendo via via rose dalla cifra tecnica sempre maggiore. Parliamo anche di un a.d. che si è assunto la responsabilità di decisioni a 360 gradi, che per il club ci ha sempre messo la faccia, combattendo svariate battaglie in Lega e portando avanti progetti importanti, a cominciare da quello del nuovo Dall’Ara, ultima sospirata tessera di un mosaico di alto profilo.
Dunque non è certo un caso o un miracolo che nel giro di nove anni si sia passati, in termini di obiettivi dichiarati, dal mantenimento della categoria alla lotta per l’Europa, passando attraverso il consolidamento sul treno della media classifica. Pensate davvero che tutto ciò sarebbe stato possibile, sin dagli albori del nuovo approdo in Serie A, senza una società così?

Riccardo Rimondi

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Nella foto Claudio Fenucci e Joey Saputo in panchina allo stadio Cabassi prima di Carpi-Bologna del 1° aprile 2015 (Getty Images via OneFootball).