Mister, mister, sempre e solo mister...

Mister, mister, sempre e solo mister…

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Ogni tanto capita che qualcuno mi chiami ‘mister’ solo perché ho allenato nelle giovanili, e onestamente mi sembra un appellativo esagerato. Io non mi sento un mister, sono un ex calciatore e mi piace dare la mia opinione sul calcio per come l’ho vissuto io. Al contrario, in tanti gonfiano un po’ il petto quando vengono chiamati così, e ciò avviene anche e soprattutto perché negli anni il ruolo dell’allenatore è radicalmente cambiato rispetto a com’era qualche anno fa.
Ai miei tempi l’allenatore aveva un vice, che era anche il preparatore dei portieri, e un preparatore atletico, mentre adesso dispone di uno staff ampio quasi quanto una squadra. In confronto al passato sono innegabilmente aumentate le responsabilità, al pari dell’esposizione mediatica, ma nell’eterno dilemma fra chi sia più rilevante tra tecnico e giocatori io indicherò sempre questi ultimi.
Molti mister (persino quelli che allenano i bambini o i ragazzini) cadono nel tranello di considerare le loro idee più importanti e determinanti ai fini del risultato rispetto ai propri calciatori, e ciò avviene perché ormai i dibattiti pre e post partita sono spesso incentrati solo sulla loro figura. Tante volte ad un allenatore vengono riconosciuti dei meriti per una gara vinta grazie alle qualità della squadra, e loro stessi sono ormai totalmente convinti di poter essere decisivi.
Disciplina, ordine tattico e idee. Un buon allenatore assicura tutto questo e si tratta senza dubbio di aspetti fondamentali, ma non bisogna dimenticare che sul rettangolo verde ci vanno i giocatori e che molte cose, a cominciare dalle scelte di formazione, sono più semplici di come ci vengono raccontate. I calciatori sono i primi ad essere consapevoli di non essere tutti uguali, dunque in campo bisogna semplicemente schierare i più forti: se un tecnico si trova a disposizione vari elementi dello stesso livello, deve dimostrare di saperli gestire al meglio; quando invece la differenza di valore è evidente, la decisione da prendere è piuttosto facile.
Non voglio certo sminuire il lavoro di nessuno né negare che ci siano stati degli allenatori che hanno cambiato il modo di intendere e fare calcio, ma ad esempio due maestri come Arrigo Sacchi e Pep Guardiola avrebbero certamente incontrato qualche difficoltà in più se avessero dovuto far applicare le loro idee di calcio a giocatori di tasso tecnico inferiore rispetto ai fenomeni che avevano a disposizione…
All’opposto, una qualità che solo i migliori mister hanno (e in quel caso è sacrosanto sottolineare la bontà del loro lavoro) è quella di saper entrare nella testa dei loro ragazzi. Non è per niente semplice, infatti, creare una sintonia con tante individualità diverse: evitare il muro contro muro quando ci si relaziona con caratteri e personalità distanti da sé o non immediatamente facili da comprendere è un valore aggiunto preziosissimo per la squadra.
Ecco, da questo punto di vista un allenatore, dando fondo a tutti le sue capacità relazionali, può effettivamente riuscire ad avere un impatto decisivo. Ma comunque ciò accade perché i giocatori, rinfrancati, pungolati, coccolati o motivati, arrivano a dare il meglio di loro stessi, il che conferma quel che sostengo fin dal principio: sono loro a decidere le partite, non i mister. E nemmeno i c.t.
Apro questa parentesi perché ho l’impressione che purtroppo persino Roberto Mancini, dopo l’Europeo vinto, si sia ritagliato un ruolo da protagonista unico che non sta giovando alla Nazionale. La premessa d’obbligo è che indubbiamente non ha a disposizione molta qualità, e per quella che è l’attuale offerta del calcio italiano non gli si può chiedere di fare miracoli, ma proprio perché il periodo storico non è dei migliori dovrebbe limitarsi a fare le cose più semplici, limitandosi al suo ruolo di selezionatore senza esperimenti o azioni da talent scout.
Rimettiamo la chiesa al centro del villaggio, come si suol dire. La copertina non dovrebbe spettare né a lui né ai suoi colleghi di club: i calciatori contano più di chi li guida, e nel bene o nel male saranno sempre loro a fare la differenza.

Pepè Anaclerio

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